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Vincenzo Vela (Ligornetto, 1820 - Mendrisio, 1891)

(Ligornetto, 1820-1891)

Dante

Marmo di Carrara Base: 74x54x54 cm; Dante: 156x52x50 cm; Altezza totale: 230 cm  

  • PROVENIENZA
  • BIBLIOGRAFIA
  • MOSTRE
  • DESCRIZIONE

Fig. 1

Fig. 2

Fig. 3

Fig. 4

Fig. 5

PROVENIENZA


Herman de Stern (1815-1887), acquistato in occasione della Mostra della Società Permanente di Milano nel 1872. Svizzera, collezione privata, per via ereditaria dal 1985.

BIBLIOGRAFIA


- Esposizione Permanente di Belle Arti (1872), Milano, Tipografi Fratelli Borroni, 1873, allegato C;
- Carteggio, a cura di G. Zanchetti, vol. I, 18461866, Bellinzona, Edizioni dello Stato del Cantone Ticino, 2020, lettera 280, p. 415.

MOSTRE


- Esposizione Permanente di Belle Arti, Milano, 1871 (non menzionata in catalogo);
- Esposizione della Società di Belle Arti, Trieste, 1871;
- Esposizione di Belle Arti di Venezia, Venezia, 1871;
- Esposizione Permanente di Belle Arti, Milano, 1872, (allegato C).

DESCRIZIONE


Firmato e datato sulla base: V VELA MILANO / 1872
Post 1866 - ante 1871

Questo carismatico ritratto scultoreo di Dante Alighieri è firmato Vincenzo Vela (1820-1891) e datato 1872. Raffinatissima nella resa delle qualità materiche dei tessuti e nella riproduzione marmorea della carne, la scultura ad altezza naturale (156 cm) è uno splendido esempio di realismo, tratto distintivo dell’opera di Vela. Colpisce l’attenzione con cui lo scultore ticinese riproduce ogni dettaglio della sottilissima maglia delle calze o l’incresparsi, lungo la cucitura, della fodera interna della mantella. Alla stessa maniera è trattata la figura umana: la pelle sottile dell’anziano poeta lascia vedere la struttura ossea e le vene e i tendini delle mani mentre la fronte è percorsa da una verticale ruga d’espressione.

Nella seconda metà dell’Ottocento la figura di Dante Alighieri ebbe enorme fortuna in tutta l’Europa. In Italia lo si ritrasse non solo come poeta e letterato ma soprattutto come uomo politico ed esule, assumendolo come simbolo patriottico e rivoluzionario.
Rispetto all’iconografia tradizionale, l’Alighieri di Vincenzo Vela mostra tratti più affilati e un’espressione accigliata. Già nel 1857 lo scultore si era posto il problema1 della fisionomia dell’antico poeta realizzando un suo busto in bronzo.

Prima di realizzare il Dante a figura intera, Vela vide certamente la grande vetrata con il Trionfo di Dante preparata da Giuseppe Bertini (1825-1898) per l’Esposizione Universale di Londra del 1851 (Fig. 1 ). Qui, un giovanissimo Dante, seduto su un trono di gusto medievale, guarda assorto in lontananza. Seppur aggiornato secondo il gusto neo-gotico diffuso nell’Italia dell’epoca, l’abbigliamento tipico dell’iconografia dantesca rende inconfondibile il soggetto. Vela sembra ricordare la figura di Bertini in dettagli quali la mantella tenuta chiusa da un solo bottone e foderata in un tessuto che si increspa lungo la cucitura. Il volto riprende la posizione china e pensosa, mentre la mano destra è quasi una citazione diretta. Verrebbe da credere che lo scultore abbia voluto ritrarre, da anziano, il giovane Dante di Bertini.

La scultura che presentiamo è una versione dell’Alighieri a figura intera realizzata da Vela per il Comune di Padova in occasione del sesto centenario dalla nascita dell’autore. Nel 1865 il gigantesco Dante, insieme al suo pendant costituito da un Giotto, fu collocato sotto il portico di Prato della Valle a Padova, dove è ancora oggi visibile (Fig. 2). Qui il poeta, come assorto in una dolorosa meditazione sulle sorti della nazione, non è solo un simbolo patriottico: Vela riuscì a conferire al personaggio storico la profondità psicologica di un uomo reale, un uomo che ha vissuto nel passato e può comunicare con il presente2.

Il gesso della scultura qui presentata è conservato al Museo Vela di Ligornetto e un’altra versione marmorea della nostra scultura orna fin dal 1866 la facciata dello stesso museo (Fig. 3). Lo stato di conservazione di quest’ultima è purtroppo stato fortemente compromesso dalla posizione esterna che la scultura occupa da oltre 150 anni. Oggi molte delle finezze che caratterizzano il nostro Dante, non sono più apprezzabili nella versione di Ligornetto.
Il gesso e la scultura del Museo Vela, così come quella qui presentata, differiscono dal Dante di Padova per le ridotte dimensioni e per l’assenza della penna nella mano destra. Il carteggio di Vela3 ci informa che nel 1865 Giuseppe Zaccheroni (1800-1876)4 commissionò allo scultore una statua dell’Alighieri suggerendo una piccola modifica, quasi certamente quella di eliminare la penna. Dalle lettere sembra che l’acquisto non fu mai concluso e così l’opera rimase probabilmente nello studio dell’artista.
Il confronto con una fotografia dell’epoca (Fig. 4), ci permette di affermare che Vela inviò il nostro Dante alla Società Permanente di Belle Arti di Milano e che questo fu in mostra a Milano, a Trieste e a Venezia nel 1871 e poi alla di nuovo alla Permanente nel 1872. A seguito di questa esposizione lo acquistò il barone Hermann de Stern (1815-1887), banchiere tedesco residente a Londra. L’iscrizione “V VELA MILANO 1872” fu quindi certamente apposta al momento della vendita dell’oggetto al barone tedesco. Non è da escludere la stessa scultura sia quella commissionata da Zaccheroni e rimasta invenduta.

Nato in una famiglia umile del Canton Ticino (Svizzera), Vincenzo Vela cominciò a lavorare come tagliatore di pietra a soli nove anni. Su consiglio del fratello scultore Lorenzo, nel 1834 si trasferì a Milano dove frequentò l’Accademia ottenendo presto molto successo e la protezione di artisti e intellettuali della città. Erano gli anni del Risorgimento: l’Italia raggiunse l’unità nel 1861, dopo oltre due decenni di lotte violentissime, soprattutto nel Nord del Paese. In questa cruciale fase, molti intellettuali ed artisti si schierarono e, anzi, furono ispiratori della rivolta anti-austriaca nel Lombardo-Veneto. Tra questi anche il pittore Francesco Hayez (1791-1882), uno dei principali maestri e promotori del nostro scultore.
Vela si arruolò più volte come volontario nelle lotte per l’unità e per il suo impegno politico fu costretto a lasciare Milano nei primi anni Cinquanta. Si trasferì a Torino, città elettiva di molti rivoluzionari italiani. Qui fu professore all’Accademia Albertina di Belle Arti e ricevette molte commissioni da parte della nobiltà progressista. Nel decennio torinese, Vela consolidò la sua fama anche a livello internazionale, in particolare ottenendo diversi premi al Salon parigino (nel 1863 e poi del 1867). 
Verso la metà degli anni Sessanta, Vincenzo Vela lasciò Torino per tornare nel suo paese natale, Ligornetto, in Ticino. Nella piccola cittadina, lo scultore aveva fatto da poco costruire una grande residenza, una sorta casa-laboratorio-museo. Pensata e progettata fin dal principio con intenti anche espositivi, Villa Vela fu il primo museo del Ticino e ancora oggi è uno scrigno nelle campagne svizzere.

Il nostro Dante è una delle poche opere di Vincenzo Vela non conservate in collezioni pubbliche o istituzionali e racchiude in sé i caratteri estetici, poetici e ideologici del Risorgimento, incarnando lo spirito dell’Ottocento italiano.

Note:
1- La questione della fisionomia dantesta è un tema molto sentito dopo il ritrovamento del più antico ritratto di Dante, dipinto da Giotto nella Cappella del Podestà del palazzo del Bargello a Firenze e riscoperto nel 1840.
2- In effetti, proprio per queste ragioni gli furono mosse alcune critiche. Lo storico e critico Pietro Selvatico, pur apprezzandone la composizione, scrisse che “quella faccia arcigna, più assai che le austerità ed i severi concentramenti del pensatore, mi ritrae gli stizzosi dispetti di un brontolone. Poteva esserlo Dante vivo, ma non deve darne segno l’apoteosi del suo sconfinato intelletto qual è la sua statua onoraria” (P. Selvatico, Guida di Padova e dei principali suoi contorni, Tipografia e Libreria editrice F. Sacchetto, Padova, 1869, p. 321). È l’effetto di quel realismo e di quella capacità di sintesi esistenziale che sono i tratti più apprezzati della poetica di Vincenzo Vela.
3- Carteggio, a cura di G. Zanchetti, vol. I, 1846-1866, Bellinzona, Edizioni dello Stato del Cantone Ticino, 2020, pp. 473, 481-483.
4-Sacerdote e avvocato esule in Francia dopo aver preso parte ai governi rivoluzionari degli anni Trenta.