Anonimo Lombardo Attivo in Lombardia fra 1620 e 1630
Natura morta con mele e uva in una coppa, fiori in un vaso, cedri, melograni, limoni verdi e insettiOlio su tela, 65,5 x 93 cm.
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PROVENIENZA
- Véronique Damian, Une nouvelle contribution sur la nature morte lombarde: deux inédits. Une collection de natures mortes, Galerie Canesso, Parigi 2002, pp. 8-15.
DESCRIZIONE
Questa elegante composizione aggiunge nuovi elementi alla storia, ancora molto lacunare, della tradizione lombarda della pittura della pittura di natura morta “pura”, ovvero senza figure. Proprio in Lombardia, tra il 1591 e il 1594, Giovanni Ambrogio Figino (1553-1608) dipinge il celebre il Piatto d’argento con pesche (collezione privata), una vera “icona lombarda” come l’ha definita Alessandro Morandotti, all’origine dello sviluppo del genere della natura morta. Solo pochi anni più tardi, tra il 1595 e il 1598, da poco giunto a Roma, il Caravaggio (1571-1610) dipinge la sua celeberrima Canestra di frutta (Milano, Pinacoteca Ambrosiana) nella quale la critica letto una sorta di risposta “moderna” proprio al Piatto d’argento di Figino, capolavoro del tardo Manierismo, o a qualche altra testimonianza dello stesso genere.1
La nostra tela si inserisce perfettamente nella tradizione naturamortista lombarda di cui mantiene alcuni caratteri fondamentali dell’impaginazione: in basso, in primo piano, il bordo in ombra della tavola e su di essa, al centro, una coppa ricolma di frutta e intorno gruppi ben isolati di frutti appoggiati direttamente sulla tavola. A differenza dei precedenti lombardi di fine Cinquecento e primissimo Seicento, però, il dipinto non è realizzato su un supporto ligneo ma su tela, il formato si fa più importante, lo sfondo più chiaro e la luce è meno nitida, caratterizzata invece da leggeri passaggi tonali.
Dettagli di estrema attenzione al reale come la sbrecciatura alla base della coppa e il riflesso della finestra sul vaso di vetro, oltre a rendere ancora più evidente l’osservazione dal vero, rimandano alla cultura pittorica nordica e in particolare alle composizioni di Francesco Codino, che utilizzano un vocabolario dagli esiti estremamente compiuti, sapientemente costruite e quasi incise sui fondi.
La splendida coppa bianca con il decoro a mascheroni al centro del dipinto risalta tra le tonalità calde delle mele e dell’uva, lievemente arretrata in secondo piano rispetto ai frutti isolati che, a destra e a sinistra della tela. Lo stesso genere di coppa compare in altre due nature morte lombarde, entrambe riprodotte nella monografia di Fede Galizia: una tra le opere certe, l’altra tra quelle attribuite2. Nel catalogo di una mostra tenutasi presso la Galleria Lorenzelli di Bergamo, Pietro Lorenzelli e Alberto Vaca, è pubblicato un esempio di queste maioliche prodotte specialmente a Faenza alla fine del XVI secolo3. Una coppa simile, debordante di frutti, fu per esempio utilizzata dallo stesso Caravaggio per il Bacco, oggi alla Galleria degli Uffizi di Firenze.
Dalla coppa centrale, in cui possiamo vedere una rappresentazione della maturità, un ramo di melo con le foglie verdi si allunga verso la parte destra del dipinto, occupata da limoni verdi, acerbi e fiori di campo, che ricordano la freschezza e la leggerezza della prima fase della vita. Dall’altro lato, la composizione è bilanciata da un ramo di vite le cui foglie appassite e accartocciate evocano la vecchiaia e sono di certo testimonianza dell’immediata fortuna della Canestra di frutta di Caravaggio giunta a Milano nel 1607 per entrare nella collezione di Federico Borromeo. Sotto le foglie brune, sul tavolo, l’attenzione è catturata dal leggero cromatismo dei tre frutti e della muffa verde-azzurra sulla buccia di un giallo caldo del cedro.
La natura morta lombarda, ancora anonima, con la sua sintesi fra cultura nordica e ricezione immediata dell’esempio di Merisi, è un magnifico esempio della cultura figurativa a Milano tra 1620 e 1630.
Note:
1 - Per gli scambi tra Figino e Caravaggio, si veda Alberto Veca, Natura morta lombarda, cat. exp., a cura di Flavio Caroli e Albero Veca, Milano, Palazzo Reale, 1 dicembre – 2 aprile 2000, p. 72-73, n. 6; e Alessandro Morandotti, Icone lombarde: la natura morta dalle origini all’età della riforma settecentesca, catalogo della mostra, Fasto e rigore. La natura morta nell’Italia settentrionale dal XVI al XVIII secolo, a cura di Giovanni Godi, Reggia di Colorno, 20 aprile – 25 giugno 2000, pp. 39-51.
2 - F. Caroli, Fede Galizia, Torino 1989, p. 88, n. 35 e p. 94 n. 62. I dipinti si trovano entrambi in collezioni private, ciascuno su pannello e misurano rispettivamente 27,5 x 38 cm e 28,5 x 39 cm. E ancora per il primo dipinto cfr. A. Magnani, Natura morta lombarda, in F. Caroli, A. Veca (a cura di), Natura morta lombarda, catalogo della mostra, (Milano, Palazzo Reale, 1 dicembre 1999 - 2 aprile 2000), Milano 1999, pp. 82-83, n. 10. Ada Magnani corregge qui i dubbi di Alessandro Morandotti ritrascritti da Flavio Caroli nella scheda di questo dipinto nella sua monografia su Fede Galizia, che, in effetti, si riferivano a un’altra opera catalogata da Caroli.
3 - P. Lorenzelli, A. Veca (a cura di), Forma Vera. Contributi a una storia della natura morta italiana, catalogo della mostra (Bergamo, Galleria Lorenzelli, 1985, p. 138, figg. 25 e 24.