next prev

Giuseppe Recco (Napoli, 1634 - Alicante, 1695)

(Napoli, 1634 – Alicante, 1695)

Merluzzo e aringhe in una cesta, acquamanile e granceola sopra un ripiano di pietra

Olio su tela, 84 x 68 cm.

  • PROVENIENZA
  • BIBLIOGRAFIA
  • MOSTRE
  • DESCRIZIONE

PROVENIENZA


Finarte, Milano, 27 maggio 1985, num. 487; collezione privata.

BIBLIOGRAFIA


- Luigi Salerno, La natura morta italiana, 1560-1805, Roma, 1984, p. 119, fig. 29.6 (come G.B. Recco);
- Claudia Salvi, in L’œil gourmand. Parcours dans la nature morte napolitaine du XVIIe siècle, Paris, Galerie Canesso, 26 settembre – 27 ottobre 2007, pp. 84-85, n° 20;
- Denise Maria Pagano, Ritorno al Barocco da Caravaggio a Vanvitelli, cat. mostra, Napoli, Museo di Capodimonte, 12 dicembre 2009 – 11 aprile 2010, p. 401, no. 1.234;
- Ombres de la Renaissance à nos jours, Victor I. Stoichita, Sylvie Wuhrmann, Aurélie Couvreur, a cura di, cat. della mostra, Lausanne, Fondation de l’Hermitage, 28 giugno – 27 ottobre 2019, p. 52, n. 21.

MOSTRE


- L’œil gourmand. Parcours dans la nature morte napolitaine du XVIIe siècle, cat. mostra. Parigi Galerie Canesso, 26 settembre – 27 ottobre 2007, pp. 84-85, n° 20.
- Ritorno al Barocco da Caravaggio a Vanvitelli, cat. mostra, Napoli, Museo di Capodimonte, 12 dicembre 2009 – 11 aprile 2010, p. 401, no. 1.234.
- Ombres de la Renaissance à nos jours, Victor I. Stoichita, Sylvie Wuhrmann, Aurélie Couvreur, a cura di, Lausanne, Fondation de l’Hermitage, 28 giugno – 27 ottobre 2019.

DESCRIZIONE


Pubblicata come Giovan Battista Recco da Salerno (1984), riapparsa ad un’asta nell’1985 con la stessa attribuzione, la nostra tela deve essere restituita a Giuseppe Recco. Le affinità con il maestro più anziano non mancano, anche se è difficile dire chi fosse l’iniziatore di questo tipo di composizioni che abbinano pesci, alghe marine e frutti di mare sopra un basamento di pietra corroso dalle intemperie. Certo è che l’inquadratura elegante, la luce rasente che investe il primo piano e permette di creare degli effetti di incrostazione della materia sulla pelle dei pesci e sulla granseola, la penombra dolce del fondo, l’aringa posta a trompe l’oeil sul davanti, le ombre forti ma ben integrate al monocromo bruno, sembrano tutti elementi propri al Recco più giovane. Anche il quadro di collezione privata firmato “Gio. Batta. Recco” come quello con Paniere di aragoste, pubblicato da Salerno accanto al nostro e con il quale in effetti presenta delle similitudini, si caratterizzano per una materia lucente e liscia priva di quegli impasti e rudezze che contraddistinguono invece il nostro dipinto. Tuttavia fu probabilmente Giovan Battista Recco a guardare Giuseppe per l’impostazione concisa e raffinata a un tempo, che adotta nella tela suddetta.
Una variante della nostra composizione, pubblicata d’altronde con l’attribuzione a Giuseppe Recco, ma di dimensioni più grandi, si trova nel Musée des Beaux-Arts di Strasburgo1. La tela di Strasburgo presenta qualche rimarchevole differenza rispetto alla nostra, in particolare per la presenza di due aringhe in primo piano e a destra invece di una sola, per i due soli pesci sul plinto sullo sfondo, nonché per la forma più slanciata della mezzina di metallo. Per questa versione Brejon de Lavergnée preferisce pensare alla bottega di Giuseppe Recco e forse all’intervento di Elena o di Nicola-Maria Recco. Comunque sia la versione in esame è qualitativamente più alta ed ha un impatto visivo più forte. In particolare gli spessori di materia sulla corazza rosa della granseola e il gioco dei bagliori sulla mezzina e sui pesci del fondo sono di grande efficacia espressiva e vengono meno nella versione strasburghese. Anche se la cronologia delle opere di Giuseppe Recco è estremamente problematica – la maggior parte delle tele datate appartengono infatti agli anni settanta rendendo estremamente difficile la ricostruzione dell’attività giovanile del pittore – la nostra tela dovrebbe essere stata eseguita in un periodo abbastanza antico, opinione che è poi condivisa da De Vito (comunicazione orale). La difficoltà dell’ordinamento cronologico delle tele del nostro è indotta infine dalla poetica stessa di Giuseppe Recco che Causa, nel suo saggio sulla natura morta napoletana, per tanti versi insuperato, riassumeva così: “Sul piano del linguaggio mai una volta che il Recco ceda; sempre composto, compassato, raffinatissimo, astratto in una sua regola che non è al passo coi tempi”2.

Claudia Salvi

Notes:
1- Brejon de Lavergnée Arnauld–Volle Nathalie, Musées de France. Répertoire des peintures italiennes du XVIIe siècle, Parigi, 1988, p. 275; Roy Alain-Goldenberg Paula, Les peintures italiennes du musée des Beaux-Arts, XVIe, XVIIe & XVIIIe, Strasburgo, 1996, p. 91; Véronique Damian, L’Œil gourmand. Parcours dans la nature morte napolitaine du XVIIe siècle, Parigi, Galerie Canesso, 26 September – 27 October 2007, p. 42, sotto il n. 5.
2- Causa Raffaello, “La natura morta a Napoli nel Sei e nel Settecento”, in Storia di Napoli, vol. V, Napoli-Cava dei Tirreni, 1972, p. 1021.