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Bartolomeo Bimbi

(Settignano/Florence, 1648 – Florence, 1730)

Orsetto

Olio su tela, cm 48 x 65

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PROVENIENZA


Italia, collezione privata.

BIBLIOGRAFIA


Inedito.

DESCRIZIONE


Il dipinto, in discrete condizioni conservative, presenta, sopra un piano erboso posizionato con cura contro uno sfondo atmosferico dalle tonalità grigio perla con lumeggiature brune, la figura di profilo di un piccolo orso bruno, o per meglio dire orsetto, con un ampio collare in cuoio nero con borchie metalliche circolari e un anello da guinzaglio. Effigiato con lo sguardo mansueto e con la mascella serrata, l’animale si qualifica essenzialmente per la resa vibrante del folto manto di pelliccia, soffice e quasi tattile, sul quale la luce crea vibranti effetti luministici, alternanti bagliori brillanti a zone molto scure, quasi indefinite. La posizione statica del plantigrado, decisamente priva di movimento, consente di soffermare l’attenzione sui dettagli anatomici dell’animale, in particolare sulla cura descrittiva della testa e delle unghie acuminate dai riflessi lucidi e quasi metallici.
I caratteri stilistici e la rigorosa descrizione dell’animale, degna di un artista versato sicuramente nel genere pittorico naturalistico legato alla documentazione scientifica, consentono di poter riferire con certezza l’opera al catalogo autografo di Bartolomeo Bimbi, figura di punta della pittura naturamortista fiorentina in età tardo-barocca.
Originario di Settignano dove nacque nel 1648, Bimbi fu avviato in giovane età allo studio della pittura inizialmente a Firenze nelle scuole di Lorenzo Lippi, Onorio Marinari e Agnolo Gori, per poi passare a Roma, dove fu allievo di Mario de’ Fiori, maestro attraverso il quale si orientò verso la natura morta, genere pittorico nel quale divenne nell’arco di pochi anni una delle personalità di spicco in Toscana. L’attenta e sorvegliata descrizione della realtà unita all’impeccabile abilità pittorica favorirono la richiesta di dipinti dell’artista, oltre che per la nobiltà locale, per i membri della famiglia granducale medicea, in particolare per Cosimo III, per il quale fu impegnato soprattutto come documentarista scientifico. In stretto contatto con studiosi e scienziati del calibro di Pier Antonio Micheli e Francesco Redi, l’artista lavorò per vari decenni, insieme alla realizzazione di stupendi vasi di fiori di destinazione privata, all’esecuzione di tele, definite con un rigore quasi iperrealista, raffiguranti fiori, frutta, ortaggi e animali. L’eleganza e la bellezza delle sue composizioni, esaltate anche da una gamma cromatica ricca di colori brillanti e smaltati, favorì il successo dell’artista, apprezzatissimo fino al momento della sua morte, avvenuta a Firenze nel 1730 (per l’artista si veda soprattutto Bartolomeo Bimbi. Un pittore di piante e animali alla corte dei Medici, a cura di S. Meloni Trkulja e L. Tongiorgi Tomasi, Firenze, 1998 e S. Bellesi, Catalogo dei pittori fiorentini del ‘600 e ‘700. Biografie e opere, 3 voll, Firenze, 2009, I, pp. 85-86 e II, pp. 60-67; con bibliografia precedente).
Raffigurazioni artistiche dedicate agli orsi seppur non molto ricorrenti trovano, comunque, esemplificazioni interessanti nella pittura e nella scultura del Seicento e Settecento a Firenze, comparendo sia in immagini singole che in composizioni di gruppo, a volte con altri animali. Tra gli esempi degni di maggiore interesse e rilevanza storica ed artistica meritano di essere menzionati, in questo contesto, soprattutto due composizioni scultoree, oggetto di studi in tempi relativamente recenti, affini in parte alla pittura in esame per la resa naturalistica degli animali. Si tratta del bronzetto di piccole dimensioni con una Coppia di orsi con un cane di Antonio Susini presso Giovanni Pratesi (si veda S. Bellesi in Maria de’ Medici. Una principessa fiorentina sul trono di Francia, catalogo della mostra a cura di C. Caneva e F. Solinas, Firenze, Livorno, 2005, pp. 100-101) e dell’Orsetto in pietra serena di Carlo Marcellini presente nel giardino della Villa medicea di Poggio Imperiale a Firenze (si veda M. Visonà, Carlo Marcellini. Accademico “spiantato” nella cultura fiorentina tardo-barocca, Ospedaletto/Pisa, 1990, fig. 20).
La tela, per la quale non si esclude un probabile legame con Casa Medici come indurrebbero a ipotizzare le borchie metalliche visibili sul collare evocanti le palle o i bisanti dello stemma della famiglia granducale toscana, rappresenta un’interessante acquisizione alla pittura animalista di Bimbi, oggi nota soprattutto attraverso vari dipinti di provenienza medicea conservati in prevalenza nelle Gallerie Fiorentine. Comparabile a varie raffigurazioni di mammiferi immortalati dal pennello di Bimbi, come il Caracos (fenicottero) e la volpe bianca o le due versioni della Vitella con due teste (per queste opere si veda soprattutto S. Meloni Trkulja in Bartolomeo Bimbi. Un pittore di piante e animali alla corte dei Medici, op. cit., pp. 200-203 nn. 124-126; con bibliografia precedente), l’opera, databile agli anni dieci o venti del Settecento, trova riscontri adeguati nelle opere di altri naturamortisti toscani del periodo, in particolare in alcuni dipinti di Pietro Neri Scacciati, autore di interessanti effigi di animali descritti in spazi aperti, ben diversi però dalle realizzazioni di Bimbi per una resa interpretativa spesso risibile o umoristica (per le opere di questo artista si veda soprattutto M.M. Simari in Natura viva in Casa Medici. Animal paintings in the Medici Collections, catalogo della mostra a di M. Mosco, Firenze/New York, Firenze, 1986, pp. 71-83).

Sandro Bellesi