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Bernardino di Bosio Zaganelli (Cotignola, documentato a partire dal 1495 – Imola, 1519)

(Cotignola, documentato a partire dal 1495 – Imola, 1519)

Cristo in croce con San Girolamo e un santo agostiniano

Olio su tavola, cm 34 x 27,5

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PROVENIENZA


Germania, collezione privata.

BIBLIOGRAFIA


- Véronique Damian, in Un modello inédit de Tanzio da Varallo. Acquisitions récentes, Galerie Canesso, Parigi, 2003, pp.16-17;
- Andrea Donati, Girolamo Marchesi da Cotignola, Repubblica di San Marino, 2007, p. 44, fig. 8; p. 138, all’interno della scheda n° 9.

DESCRIZIONE


Questa rara tavoletta, in uno stato di conservazione perfetto, mette in risalto i caratteri stilistici di Bernardino Zaganelli. L’artista, originario della Romagna, ebbe un percorso autonomo da quello di suo fratello Francesco, scomparso più tardi, nel 1534, come la critica ha recentemente voluto dimostrare1.
Se è facile riconoscere, anche in assenza di attributi che lo caratterizzino, San Girolamo penitente a destra, è più difficile identificare con certezza il secondo santo, inginocchiato ai piedi della croce. Il suo saio nero indicherebbe un santo agostiniano, ma la sovrapposizione della capa magna dei cardinali al saio, condurrebbe piuttosto a San Bonaventura. Se si trattasse però di quest’ultimo, rimarrebbero due incongruenze: San Bonaventura, infatti, porta il saio marrone dei francescani, non nero; sarebbe inoltre difficile giustificare la ferita al fianco destro. San Girolamo si ritrova molto simile, invece, in una composizione più complessa, firmata però da Francesco e datata 1513: la pala d’altare della Concezione della Vergine (Forlì, Pinacoteca Civica). Sempre nella composizione forlivese, troviamo, a sinistra, San Bonaventura in un’attitudine molto simile al nostro secondo santo2. È quindi possibile constatare, ancora una volta, il reimpiego dei medesimi moduli stilistici da parte dei due artisti; tuttavia l’espressività nella resa dei sentimenti e della devozione sono una caratteristica peculiare di Bernardino e lo differenziano da suo fratello Francesco.
L’attenzione verso il Perugino (1450 ca. – 1524) è una componente molto significativa nella formazione dell’artista. Il Cristo in croce si staglia su un fondo paesaggistico, che coniuga l’immaginario al dato reale. L’orizzonte, che si perde in una lontananza atmosferica, ci lascia appena intuire il profilo di una città surreale e i picchi rocciosi sembrano ricordare quelli di San Leo e San Marino. La tecnica raffinata e l’espressionismo del Cristo, ci rinviano anche a Dürer. Il suo corpo smagrito ed esageratamente allungato è reso quasi immateriale dal pallore estremo. Ammirevole il trattamento dei bianchi anche nella figura del San Gerolamo; siamo qui molto lontani dai risultati precedenti e più veristi della Deposizione (Amsterdam, Rijksmuseum). Anche il gusto per i dettagli naturalistici - i piccoli fiori e le piante disseminate sui primi piani - è molto nordico e ci fa capire fino a che punto Bernardino Zaganelli abbia attinto dalla sua cultura d’origine: quella di Boccaccio Boccaccino (prima del 1466- 1525) e di Ercole de Roberti (1450 ca. – 1496).
Tenuto conto di queste caratteristiche stilistiche, il dipinto viene a collocarsi nel periodo della maturità del nostro artista. L’insistenza sui bianchi è parte integrante del suo vocabolario pittorico di questo momento, basti pensare al San Giovanni Battista (Londra, National Gallery) eseguito verso il 1505-1506, che mostra un certo numero di affinità con la nostra opera.

Note:
1- Cfr. monografia di Raffaella Zama, Gli Zaganelli (Francesco e Bernardino) pittori, Rimini, 1994. Per una lettura critica di questo catalogo che mescola le opere dei due fratelli vedere Andrea De Marchi, catalogo della mostra Ioanes Ispanus. La pala di Viadana. Tracce di Classicismo precoce lungo la valle del Po, comune di Viadana, Galleria Civica “G. Bedoli”, 19 novembre – 31 Dicembre 2000, p. 149. Per il corpus di Bernardino: Andrea De Marchi, Bernardino Zaganelli inedito: due “facies Christi”, in “Prospettiva”, n° 75-76, Luglio – Ottobre 1994, pp. 124 -135
2- Raffaella Zama, op. cit., 1994, pp. 168-170, n° 58.