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Giuseppe Vermiglio (Milano, 1587? – dopo il 1635)

(Milano, 1587 (?) – dopo il 1635)

Davide con la testa di Golia

Olio su tela, 135,5 x 96,5 cm.

  • PROVENIENZA
  • BIBLIOGRAFIA
  • MOSTRE
  • DESCRIZIONE

Fig. 1

PROVENIENZA


Bologna, collezione Publio Podio (secondo un’iscrizione stampata sul retro della tela, il dipinto era attribuito a Carlo Saraceni [Pulini, 2001]); collezione privata.

BIBLIOGRAFIA


- Massimo Pulini, San Matteo e l’angelo di Giuseppe Vermiglio, collezione Museo diocesano di Pienza, n° 3, pubblicato in occasione della mostra Tesori nascosti. Opere d’arte dalle collezioni private al Museo Diocesano di Pienza, 15 Settembre – 1 Novembre 2001, pp. 18-19, fig. 15, p. 22, nota 30;
- Alessandro Morandotti, in Dipinti lombardi del Seicento, collezione Koelliker, Milano, 2004, p. 70;
- Maria Cristina Terzaghi, in Musei e Gallerie di Milano. Pinacoteca Ambrosiana. II, Milano, 2006, pp. 262-264, al n° 321;
- Laura Laureati, Un «Davide e Golia» di Giuseppe Vermiglio, in Alessandra Costantini (a cura di) In ricordo di Enzo Costantini, Torino, 2006, pp. 54-61;
- Véronique Damian, Reni, Vermiglio et Cairo, trois figures caravagesques. Tableaux italiens du XVIe au XVIIIe siècle, Paris, Galerie Canesso, 2012, pp. 24-29;
- Véronique Damian, in Dipinti del Seicento Influssi caravaggeschi tra Lombardia e Napoli, Chiara Naldi (a cura di), catalogo della mostra Galleria Canesso Lugano, 2013, pp. 18-22.

MOSTRE


- Artemisia. Vrouw & macht, cat. della mostra, Enschede, Rijksmuseum Twenthe, 26 settembre 2021 – 27 marzo 2022, p. 72, fig. 42.
 

DESCRIZIONE


Opere di confronto:
Si conoscono altre due versioni autografe di questa composizione:
- Davide e Golia, olio su tela, 130 x 100 cm, Milano, collezione Koelliker (cfr. Alessandro Morandotti, op. cit. in bibliografia, 2004, pp. 70-71).
- Davide e Golia, olio su tela, 140 x 107 cm, collezione privata (cfr. Laura Damiani Cabrini, in catalogo della mostra Giuseppe Vermiglio. Un pittore caravaggesco tra Roma e la Lombardia, Campione d’Italia, Galleria Civica, 10 Settembre – 3 Dicembre 2000, pp. 120-121, no 20).

Pubblicato da Pulini nel 2001, il nostro Davide con la testa di Golia rappresenta un nuovo tassello nella riscoperta dell’opera dell’artista lombardo rimesso in luce da Roberto Longhi, il quale, per primo, individuò uno dei suoi dipinti: l’Incredulità di San Tommaso, firmato, datato 1612 e conservato nella chiesa di San Tommaso ai Cenci a Roma1. Da quel momento, il corpus di Vermiglio è andato progressivamente ampliandosi, tanto che la critica ha potuto dedicare all’artista una mostra monografica a Campione d’Italia nel 2000, sintetizzando gli apporti degli studi dei decenni precedenti2.
La nostra composizione evoca il celebre precedente di Caravaggio (1571-1610), anch’egli lombardo e giunto, come lui, ancora giovane a Roma. Del Caravaggio si conoscono due versioni di questo soggetto: una a Roma, alla Galleria Borghese, l’altra a Vienna, al Kunsthistorisches Museum. Quando Vermiglio giunse nella città eterna – dal 20 Febbraio 1604 abitava in casa di un misterioso maestro: il perugino Adriano da Monteleone – Caravaggio si trovava già lì. Fu a Roma che Caravaggio dipinse il Davide e Golia oggi alla Galleria Borghese: tra il Maggio del 1605 - data alla quale il committente, Scipione Borghese, giunse a Roma – e il Maggio del 1606, quando Caravaggio dovette fuggire sotto minaccia di arresto per omicidio. Senza dubbio il nostro artista ebbe occasione di studiare tali opere innovative per poi ripensarle e appropriarsene, confermando allo stesso tempo il successo della formula caravaggesca. Ciò anche dopo il ritorno in Lombardia - momento al quale possiamo far risalire il nostro dipinto – che avvenne probabilmente già alla fine del 1620, dato che nel 1621 si sposò a Milano con Violante Zerbi3.
La composizione evoca quella del dipinto di Caravaggio della Galleria Borghese: il giovane eroe biblico è colto a mezzo busto, nella mano destra impugna un’enorme spada - una scimitarra - mentre nella sinistra brandisce la testa del gigante Golia, tenendola fermamente per i capelli. Laddove Caravaggio si era autoritratto nelle sembianze di Golia, con gli occhi aperti e un’espressione realistica, Vermiglio mostra una testa di gigante dagli occhi semichiusi, privi di sguardo, tenuta quasi all’altezza del volto di Davide per dare maggiore enfasi alla vittoria, senza insistere troppo sull’aspetto dello scontro. Nessuno sguardo dominatore del vincitore sul vinto. Le braccia forti e muscolose del giovane Davide, che gli occorrono tanto per sostenere la scimitarra, quanto per sollevare la testa del gigante, contrastano con il suo viso imberbe, su cui possiamo ancora leggere, malgrado lo sforzo appena compiuto, la soddisfazione e l’innocenza della giovinezza.
Il nostro artista ha fermamente orientato la composizione verso una drammaticità più contenuta, privilegiandone piuttosto il decoro. Il pittore indugia con grande attenzione sul disegno della fionda a tracolla e dell’impugnatura lavorata della scimitarra, che sbarra il primo piano in una linea orizzontale. Lo sfondo è definito da una netta diagonale che separa la zona in luce da quella in ombra, rivelando qui la fedeltà dell’artista al vocabolario caravaggesco, rintracciabile anche nella scelta delle tonalità cremisi del sangue, che conferiscono alla scena un tono realistico. Una luminosità soffusa e i toni bronzati, modulati tra i bruni e le tinte cammello più o meno chiare, avvolgono i due protagonisti in note di colori caldi.
Si conoscono altre due versioni autografe di questa composizione, entrambe datate dalla critica posteriormente al ritorno in Lombardia, dove l’artista svilupperà con successo sui modi caravaggeschi la formula dei « quadri da stanza », destinati tanto agli ordini religiosi, quanto ai committenti privati, come attestato dalla presenza di tre grandi dipinti di Vermiglio alla Pinacoteca Ambrosiana a Milano4.
I documenti biografici ritrovati su Vermiglio, ritrascritti e commentati da Maria Cristina Terzaghi nel 2000 in occasione della mostra, ci offrono uno spaccato sull’ambiente artistico romano del primo decennio del XVII secolo: nel 1605 Vermiglio venne arrestato per porto d’armi illegale, nel 1606 fu coinvolto in una rissa, al 1611 risale una nuova testimonianza di rissa. Insomma un terreno fertile e un contesto vivace e realistico sul quale venne ad innestarsi la rivoluzione pittorica iniziata da Caravaggio5.

Note:
1- Roberto Longhi, Ultimi studi su Caravaggio e la sua cerchia, in «Proporzioni», I, 1943, pp. 5-63.
2- Daniele Pescarmona (a cura di), testi di Francesco Frangi, Alessandro Morandotti, Daniele Pescarmona e Maria Cristina Terzaghi, Giuseppe Vermiglio. Un pittore caravaggesco tra Roma e la Lombardia, catalogo della mostra Campione d’Italia, Galleria Civica, 10 Settembre – 3 Dicembre 2000 (con bibliografia precedente).
3- Un altro esempio dell’impatto provocato dalle composizioni romane di Caravaggio è ravvisabile nel San Giovanni Battista nel deserto (Roma, Galleria Borghese), composizione che Vermiglio ha rielaborato due volte (Milano, Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza; Pavia, Museo della Certosa); cfr. Federico Cavalieri, Giuseppe Vermiglio e il San Giovanni Borghese di Caravaggio, in « Nuovi Studi », 3, 1997, pp. 53-57.
4- La Pinacoteca Ambrosiana possiede inoltre una versione ridotta del Davide e Golia (84 x 70 cm); cfr. M. C. Terzaghi, op. cit. bibliografia, 2006, pp. 262-264, n° 321.
5- M. C. Terzaghi, “Io Gioseppe Vermiglio”: vita, opere e incontri attraverso i documenti, in D. Pescarmona (a cura di), op. cit. nota 2, 2000, pp. 17-40 e 131-134.