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Bernardino Licinio (Venezia, 1490 ca. – 1550 ca.)

(Venezia, 1490 ca. – 1550 ca.)

Promessa nuziale

Olio su tavola, 81,3 x 114,3 cm

  • PROVENIENZA
  • BIBLIOGRAFIA
  • MOSTRE
  • DESCRIZIONE

Fig. 1

PROVENIENZA


Provenienza :
Collezione di Carolina Murat (1782-1839), regina di Napoli; venduto nel 1822 a Charles Vane, terzo marchese di Londonderry (1778-1854) insieme ad altre opere della sua collezione mentre Carolina si trovava in esilio in Austria, nel castello di Frohsdorf (vedere Les Archives Murat, Archives nationales, Parigi, 1967, p. 150, al n. 100: «Vendita della contessa di Lipona [anagramma di Napoli] al marchese Vane Londonderry per il prezzo di 9 200 sterline, di una collezione di dipinti facenti parti del gabinetto di Frohsdorf, 29 novembre 1822. Costa 31 AP 21 dr 371» [1]); asta Christie’s, Londra, 12 luglio 1823, n. 12 (Thirteen Italian Pictures of the Highest class lately the property of Madame Murat, ex-queen of Naples and bought to this country by a distinguished Nobleman (sicuramente Londonderry) - come Tiziano); James-Alexandre conte di Pourtalès-Gorgier (1776-1855), asta postuma a Parigi, 27 marzo e giorni seguenti, 1865, n. 60 (come Giorgione, venduto per 650 franchi); collezione Ivor Churchill Guest, primo visconte di Wimborne, Canford Manor (Dorset, Gran Bretagna), asta postuma a Londra, Christie’s, il 9 marzo 1923, lotto n. 4 (come Paris Bordone, venduto a Buttery); nel 1924, Amsterdam, presso il mercante Jacques Goudstikker (1897-1940); Vienna, collezione del Dr. Gustav Arens, confiscata e assegnata al Führermuseum di Linz (come Palma il Vecchio) [2];  restituito nel maggio 1948 (MCCP inventario n. 9029) [3]; in seguito per discendenza fino all’ultimo proprietario, che l’aveva concesso in prestito al Palace of the Legion of Honor di San Francisco dal 1949 al 2011, anno del suo decesso; infine messo all’asta dagli eredi l’anno seguente a Sotheby’s, New York, 26 gennaio 2012, n. 21 (come Bernardino Licinio).

BIBLIOGRAFIA


- Jacques Goudstikker, Schilderkundig Genootschap, La Haye, 1924, n. 91, fig. 91 (come Palma il Vecchio) ;
- György Gombosi, Palma Vecchio. Des Meisters Gemälde und Zeichnungen, Stoccarda/ Berlino, 1937, p. 116 (Palma ?);
- Ferruccia Cappi Bentivegna, Abbigliamento e costume nella pittura italiana. Rinascimento, Rome, 1962, pp. 208-209 (come « scuola veneta del 1530 c. »);
- Luisa Vertova, « Bernardino Licinio », in I pittori bergamaschi, Il Cinquecento, I, Bergamo, 1980, p. 414, no 24, fig. 467;
- Sophie Lillie, Was einmal war : Handbuch der enteigneten Kunstsammlungen Wiens, Vienna, 2003, p. 93, no 8 (come « Jacopo Palma, gen. Il Vecchio »);
- Enrico Maria Dal Pozzolo, Colori d’amore. Parole, gesti e carezze nella pittura veneziana del Cinquecento, Treviso, 2008, pp. 89-90, fig. 69, 94, 142 (Bernardino Licinio);
- Véronique Damian, Trois portraits par Simon Vouet, Pietro Martire Neri et Angelika Kauffmann. Tableaux bolonais, vénitiens et napolitains du XVIe et XVIIe siècle, Paris, Galerie Canesso, 2014, p. 16-25;
- Laëtitia Giannechini, Caroline , sœur de Napoléon. Reine des Arts, Maria Teresa Caracciolo – Jehanne Lazaj (a cura di), Ajaccio, Palais Fesch-musée des Beaux-Arts, 30 giugno - 2 ottobre 2017, pp. 195-196, n. 83;
- Silvia Gazzola, « Reading Titian through Bonifacio. The Meaning of Gestures », in Titian’s Vision of Women. Beauty - Love - Poetry, Sylvia Ferino-Pagden (a cura di), cat. della mostra, Vienna, Kunsthistorisches Museum, 5 ottobre 2021 – 16 gennaio 2022, pp. 75-91, fig. 43 ;
- Anouck Samyn, « ‘From these words they came to taking each other by the hands.’ The Gestural Semantics of a Nuptial Promise », in Titian’s Vision of Women. Beauty - Love - Poetry, Sylvia Ferino-Pagden (a cura di), cat. della mostra, Vienna, Kunsthistorisches Museum, 5 ottobre 2021 – 16 gennaio 2022, pp. 221-225.
 

MOSTRE


- Schilderkundig Genootschap, La Haye, Jacques Goudstikker, 1924, n. 91 ;
- Caroline, sœur de Napoléon. Reine des Arts, Maria Teresa Caracciolo – Jehanne Lazaj (a cura di), Ajaccio, Palais Fesch-musée des Beaux-Arts, 30 giugno - 2 ottobre 2017;
-Titian’s Vision of Women. Beauty - Love - Poetry, Vienna, Kunsthistorisches Museum, 5 ottobre 2021 - 16 gennaio 2022; Milano, Palazzo Reale, 14 febbraio - 29 maggio 2022, Milano, Palazzo Reale, 14 febbraio - 29 maggio 2022, n. 38.

 

DESCRIZIONE


Quest’opera ha conosciuto un destino straordinario che l’ha vista attraversare, tra il XIX e il XX secolo, i più cruciali sconvolgimenti politici della storia dell’Europa.
Il dipinto fece parte della collezione di Carolina Murat (1782-1839), al tempo del suo regno a Napoli (1808-1815) – allora attribuito a Tiziano (1488/1489-1576) – e seguì la regina in Austria, nel castello di Frohsdorf, quando fu costretta ad abbandonare la città partenopea. Carolina ebbe giusto il tempo di portare con sé i dipinti antichi, lasciando sul posto quelli commissionati ad artisti contemporanei [4]. Nel 1822, Charles Vane, terzo marchese di Londonderry (1778-1854), acquistò tutti o parte di questi dipinti e ne mise all’asta tredici l’anno seguente presso Christie’s, a Londra, tra questi anche il nostro, ancora attribuito a Tiziano. La descrizione, assai estesa, permette di identificare con certezza la composizione, che tuttavia è qui detta rappresentare «il medico innamorato» (The enamoured physician), poiché la figura maschile sembra prendere il polso dell’affascinante «paziente». Tra le opere più celebri facenti parte del lotto che Londonverry acquistò da Carolina si ricordino le due composizioni di Correggio (1489-1534), oggi alla National Gallery di Londra, Venere, Mercurio e Cupido e Ecce Homo [5].
Proprio grazie alla scheda del dipinto, inclusa nel catalogo d’asta (1865) della collezione di James-Alexandre, conte di Pourtalès-Gorgier (1776-1855), è stato possibile ricostruire i due passaggi precedenti, precisamente annotati: «un tempo situato nel gabinetto/studio privato di Madame Murat», poi «di recente nella collezione di lord Londonderry [6]». Originari di Neuchâtel, al tempo territorio prussiano, i Pourtalès erano dei finanzieri protestanti. James-Alexandre si stabilì a Parigi all’inizio del XIX secolo e fece costruire una sontousa dimora in stile neorinascimentale per ospitare le sue collezioni: la raccolta enciclopedica e ambiziosa che riuscì ad assemblare, fu esposta nella galleria del suo palazzo privato e fu una delle più importanti del XIX secolo a Parigi, nota in particolare per gli straordinari pezzi antichi [7]. Il catalogo dell’asta Pourtalès contava non meno di trecento dipinti, oltre al nostro comparivano capolavori del Rinascimento come il Ritratto di un condottiero di Antonello da Messina (oggi al Musée du Louvre di Parigi), il Ritratto d’uomo di Bronzino (Metropolitan Museum of Art, New York) e, dello stesso autore, il Ritratto di Ludovico Capponi (Frick Collection, New York) [8].
In seguito a quest’asta, il dipinto entrò nella collezione inglese di Ivor Churchill Guest, primo visconte di Wimborne a Canford Manor, dove rimase fino al 1923 quando fu probabilmente acquistata dal Jacques Goudstikker, noto mercante dell’epoca. Esposta da quest’ultimo ad Amsterdam l’anno seguente, come Palma il Vecchio (1479 ca.-1528), la nostra tavola venne acquistata da Gustav Arens, un collezionista residente a Vienna. Confiscata e assegnata al Führermuseum di Linz (come Palma il Vecchio), fu restituita nel 1948 alla famiglia dei suoi legittimi proprietari. Questi lo diedero in prestito al Palazzo della Legione d’Onore di San Francisco, dove rimase dal 1949 al 2011. Venduto dai discendenti a New York nel 2012, il dipinto riprese la via dell’Europa. 

Il recentissimo restauro ha permesso di recuperare l’opera nel suo stato originale. Infatti tutte le immagini del dipinto nel XX secolo (fino al 2012, come attestato dall’ultimo catalogo d’asta) riportano nella parte sinistra un esteso ritocco di color nero, che ricopriva un fine bassorilievo. Ripulita, quest’area mostra ora un personaggio vestito di elmo e armatura, secondo il gusto antico. Le radiografie hanno inoltre fatto emergere elementi di grande interesse riguardo la genesi del dipinto. In un primo tempo, la coppia di amanti si accostava in maniera differente: la giovane donna era di profilo e l’elegante corteggiatore era posto a un livello leggermente inferiore rispetto a lei. Anche lo sfondo doveva essere inizialmente assai diverso: mentre dietro la donna si intravedono degli edifici, le ampie pennellate dietro lo spasimante fanno pensare a un drappeggio. Il pittore ha quindi modificato radicalmente la composizione, studiata con cura, per presentare infine la sua eroina di fronte, in uno spazio privato delimitato da un tendaggio color cremisi, il braccio appoggiato su un elemento architettonico (forse una loggia). Il suo amante è invece in uno spazio aperto, con un paesaggio a fargli da sfondo. Il bassorilievo e la balaustra chiudono la composizione nella parte sinistra: i toni chiari della pietra e il rosso del marmo contrastano con l’azzurro del cielo nella parte destra. È stato forse per adattarsi a un’iconografia ben codificata a Venezia nel XVI secolo, e molto diffusa da Tiziano a Palma il Vecchio, che l’artista ha infine optato per una scena probabilmente più conforme alle attese del suo committente. 
Il tema della "bella donna", rappresentata frontalmente e la cui veste slacciata lascia scorgere un seno, s’ispira alla Flora di Tiziano (Galleria degli Uffizi, Firenze), tralasciandone tuttavia ogni riferimento mitologico. La giovane donna è sorpresa nella sua intimità, come dimostrano i lunghi capelli biondi che le ricadono sulle spalle. Se a questo si aggiunge lo sguardo malizioso che, senza volgere il capo, ella rivolge al suo seduttore, il quale le tiene il polso con fare languoroso, la scena assume contorni precisi. A nessuno sfugge la mano sinistra dell’uomo tenuta sul cuore, gesto che incarna la passione amorosa, foriero di promesse. Al giovane uomo, squisitamente abbigliato secondo l’ultima moda del tempo, con una piuma bianca sul cappello rosso e il vistoso nodo blu che sorregge la spada sul fianco. I ricami, i gioielli d’oro, le tinte profonde dagli effetti cangianti, accentuano la teatralità della rappresentazione: fino a farne una sorta di Romeo e Giulietta ante litteram.
Grazie a Luisa Vertova, il dipinto ha di recente ritrovato la giusta paternità, dopo essere stato attribuito nell’arco degli ultimi due secoli ai più illustri artisti veneziani, iniziatori di questo genere di rappresentazioni dall’erotismo latente: Tiziano, come abbiamo già visto, ma anche Paris Bordone (1500-1571) e Palma il Vecchio. Bernardino Licinio fu un notevole ritrattista, come si evince dall’attenzione riservata alle espressioni del viso e al gioco di sguardi: intenso e diretto quello di lui, intrigante e falsamente schivo quella di lei. 
La studiosa data il dipinto intorno al 1520, e cioé abbastanza presto nella carriera dell’artista, comparandone lo stile alla Giovane ragazza con un libro, del 1522 (Szépművészeti Múzeum, Budapest; Fig.1). Il disegno degli occhi neri dallo sguardo di traverso è in effetti del tutto simile. 

Bernardino Licinio nacque a Venezia da una famiglia originaria di Poscante, vicino Bergamo. Il fratello maggiore, Arrigo, era anch’egli pittore, come fu poi suo figlio Giulio. Dal suo soggiorno a Venezia, Vasari non riporta alcuna informazione su Licinio e lo confonde invece con l’artista friulano Pordenone (Giovanni Antonio Licino da Pordenone [1550]; Vita di G. A. Licinio da Pordenone e d’altri Pittori del Friuli [1568]). Il suo stile ha fatto sì che i suoi lavori fossero spesso attribuite al Giorgione (1478 circa-1510) la cui influenza sul giovane Licinio fu certamente decisiva. Tra il 1515 e il 1525, come i suoi contemporanei Tiziano e Palma il Vecchio, Licinio eseguì diverse opere per committenze religiose. Fortunatamente, alcuni di questi dipinti distintamente firmati dall’artista hanno consentito di sottrarlo all’oblio; tra queste la pala d’altare della basilica dei Frari a Venezia, il Ritratto di Arrigo Licino con la sua famiglia (Galleria Borghese, Roma), il Ritratto d’uomo con antifonario (1524, York Art Gallery). A partire dal 1530, ispirandosi all’antichità, le sue figure divengono scultoree. L’arrivo di artisti come Giulio Romano (1499-1546), Jacopo Sansovino (1521-1568) e Francesco Salviati (1510-1563), così come la circolazione di stampe raffaellesche, ha consentito lo sviluppo di un gusto  per l’arte romana nell’Italia del nord che Licinio seppe tradurre in immagini estremamente controllate e di grande eleganza.


Note:
[1] Cfr. Les Archives Murat aux Archives nationales, Parigi, 1967, p. 150, al n. 100: «Vente par la comtesse de Lipona au marquis Vane Londonderry pour le prix de 9 200 livres sterling d’une collection de tableaux faisant partie du cabinet de Frohsdorf, 29 novembre 1822. Cote 31 AP 21 dr 371».
[2] Sophie Lillie, Was einmal war: Handbuch der enteigneten Kunstsammlungen Wiens, Vienna, 2003, p. 93, n. 8 (come « Jacopo Palma, gen. Il Vecchio»).
[3] Inventory of the Munich Central Collecting Point (MCCP) :
https://www.dhm.de/datenbank/ccp/dhm_ccp_add.php?seite=6&fld_1=9029&fld_1_exakt=exakt&suchen=Suchen 
[4] Sulle collezioni di dipinti di Carolina, si veda il recente: Maria Teresa Caracciolo (a cura di), Les Sœurs de Napoléon. Trois destins italiens, catalogo della mostra di Parigi, musée Marmottan Monet, 3 ottobre 2013 – 26 gennaio 2014, pp. 148-194; Patrizia Rosazza Ferraris,  Per le sorelle di Napoleone, Elisa, Paolina e Carolina. Postilla, «Les Cahiers d’histoire de l’art», 11, 2013, pp. 73-77. 
Ringraziamo Maria Teresa Caracciolo e Jehanne Lazaj (uno studio sulle collezioni di Carolina Murat in preparazione) per il prezioso aiuto e le precisazioni sulla provenienza «Carolina Murat».
[5] Numero d’inventario: NG 10 e NG 15, acquistati entrambi nel 1834 al terzo marchese di Londonderry. Queste due opere non comparivano nel catalogo d’asta del 1823.
[6] Catalogue des tableaux anciens & modernes qui composent les collections de Feu M. le comte de Pourtalès-Gorgier et dont la vente aura lieu en son hôtel, rue Tronchet no 7, Parigi, Mes Charles Pillet-Eugène Escribe, 27 marzo 1865 e giorni seguenti, n. 60 (come «Giorgione»): «autrefois placé dans le cabinet particulier de Madame Murat»; «dernièrement dans la collection de lord Londonderry».
[7] Cfr. Olivier Boisset, Les antiques du comte James-Alexandre de Pourtalès-Gorgier (1776-1855): une introduction, in Monica Preti-Hamard-Philippe Sénéchal (a cura di), Collections et marché de l’art en France 1789-1848, Rennes, 2005, pp. 187-206.
[8] La facciata di questo palazzo signorile, costruita da Félix Duban (tra il 1837 e il 1839) al 7 rue Tronchet, è rimasta fino ad oggi praticamente intatta. Sulla collezione Pourtalès, in particolare sui dipinti, si vedano Élisabeth Foucard-Walter, La rencontre d’un éminent collectionneur et d’un grand portraitiste: le portrait du comte de Pourtalès-Gorgier par Paul Delaroche. Une dation récente pour le département des Peintures , «Revue du Louvre et des musées de France», 2000-I, pp. 39-54; Laurent Langer, Les tableaux italiens de James-Alexandre comte de Pourtalès-Gorgier, in Philippe Costamagna-Olivier Bonfait-Monica Preti-Hamard (a cura di), Le Goût pour la peinture italienne autour de 1800, prédécesseurs, modèles et concurrents du cardinal Fesch, atti del convegno, 1-4 marzo 2005, Ajaccio, musée Fesch, 2006, pp. 261-275.