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Agostino Tassi (Ponzano Romano/Roma, 1578 - Roma, 1644)

(Ponzano Romano (Roma), 1578 – Roma, 1644)

Un arsenale

Olio su tela, 74,5 x 98,5 cm

  • PROVENIENZA
  • BIBLIOGRAFIA
  • MOSTRE
  • DESCRIZIONE

Fig. 1

PROVENIENZA


Francia, collezione privata.

BIBLIOGRAFIA


- Véronique Damian, Paysages nocturnes d’Agostino Tassi. Deux tableaux inédits de Cornelis C. van Haarlem et Giulio Cesare Procaccini, Parigi, Galerie Canesso, 2010, pp. 46-51.

DESCRIZIONE


Le vicissitudini del tempo non hanno, come spesso accade, separato queste due composizioni magistrali che sono arrivate fino a noi in coppia. Create per essere esposte insieme, averle oggi l’una accanto all’altra ci permette di restituire con fedeltà il progetto artistico originario. Non sfuggirà ad un occhio attento che l’una è un notturno, mentre l’altra un paesaggio diurno, che la prima evoca un episodio della mitologia mentre la seconda rappresenta una scena di vita quotidiana in un porto (anche se probabilmente questo soggetto è stato ricreato a partire da modelli che Tassi doveva aver visto, in particolare a Livorno). Entrambi i temi sono cari all’artista e si è dilettato a replicarli lungo tutta la sua carriera.
Iniziamo dall’Arsenale. È un tema che prende origine dalle imbarcazioni, uno dei soggetti di predilezione dell’artista. Numerosi disegni, che datano del suo soggiorno a Livorno, rappresentano delle barche o degli arsenali. Questi soggetti, studiati dal vero, senza figure – come testimonia il disegno della Nasjonalgalleriet di Oslo, l’Arsenale di Livorno – costituiranno in seguito degli elementi di composizioni dipinte, su sfondo di paesaggio o di rovine antiche per aggiungere una nota pittoresca. Nel catalogo della mostra su Tassi a Roma (2008), Patrizia Cavazzini ha presentato un arsenale in cui si vede la costruzione di una galera, e nell’introduzione, ha riprodotto un altro arsenale, di diversa impostazione poiché la maggior parte del dipinto mostra delle rovine classiche (entrambi si trovano oggi in collezione privata)1. Il nostro Arsenale è particolarmente ambizioso: la scena si situa all’interno di un immenso magazzino aperto sui lati, i cui pilastri inquadrano la composizione. Delle aperture nella volta lasciano intravvedere delle figurine chinate a guardare cosa succede più in basso. Lì, le attività sono molteplici e vanno dalla costruzione di una galera al restauro di un galeone, con a terra dei cannoni, un’ancora e delle lunghe travi di legno. Dei piccoli focolari, accesi al suolo, permettono di riscaldarsi. Gli operai di questo cantiere sono molto indaffarati, c’è chi sega legna, chi porta materiale, chi si occupa delle carrucole sotto la volta. Tutti danno l’impressione di una scena ben viva e reale. Sullo sfondo chiaro si scorge un ponte gigantesco su cui si accalcano una miriade di figurine: questo elemento serve da raccordo con la composizione con cui è in pendant. In effetti, queste figurine filiformi sono disegnate nella stessa maniera da un quadro all’altro, ovvero sono letteralmente tracciate nella materia. Lo sfondo, giallo e bianco, contrasta con i marroni scuri in primo piano.
Il soggetto della Fuga da Troia (Virgilio, Eneide) (fig. 1) è subito messo in evidenza dalla presenza, in primo piano, dell’eroe di Troia, Enea, figlio di Anchise e Afrodite, che porta suo padre sulle spalle. È accompagnato da suo figlio Ascanio e da sua moglie Creusa (che porta i Penati, gli spiriti tutelari più sacri di Troia). Tentano di fuggire sotto la protezione di Afrodite, in piedi sul suo carro in cielo, ed è grazie a lei che riusciranno a lasciare la città in fiamme per cercare una terra che diventi la loro nuova patria. In questa composizione, Tassi è particolarmente misurato, la scena è più allusiva che descrittiva. Lo spazio del dipinto è ingegnosamente diviso in due dalle mura di Troia – l’artista prende liberamente spunto da Castel Sant’Angelo. Dietro il ponte marrone scuro, Troia è in fiamme, come lo si deduce dalla violenta luce gialla. Delle persone si gettano in mare dalle mura per salvarsi, altre provano a fuggire su delle barche improvvisate. In primo piano, il gruppo di Enea arriva alla barca che li salverà, guidati da un uomo con una torcia. Questo gruppo di figure è uno dei soggetti di predilezione dell’artista, che l’ha studiato in diverse combinazioni e con differenti mezzi, iniziando da dei bozzetti per le sole figure, come lo dimostra un foglio di disegni del British Museum di Londra. Grazie alla recente riscoperta di un dipinto raffigurante una Galleria (Prato, Museo Civico, inv. n° 1277) – che mostra una galleria immaginaria in qui sono esposte unicamente delle tele di Tassi – possiamo oggi dire che questo gruppo di figure poteva anche essere il soggetto di un quadro a sé stante2.
La nostra opera, per la quale conviene indicare una datazione tarda, senza dubbio verso il 1639 rispetto ad altri incendi notturni che presenteremo in questa scheda, evoca – ancora a causa del suo lato volutamente allusivo – le “fantasie infernali” dipinte a Firenze da Filippo Napoletano (1589-1629) e trova quasi un equivalente nella Fuga di Enea da Troia (Firenze, Palazzo Pitti), dipinta dal pittore napoletano per Cosimo II de’ Medici, datata da Marco Chiarini della fine del secondo soggiorno fiorentino, verso il 1619-16203. Con il loro interesse comune per gli incendi, entrambi gli artisti si situano nella tradizione pittorica dei Nordici: in primo luogo di Brueghel il Vecchio (1525/30-1569), e più tardi di Brueghel dei Velluti (1568-1625) – in particolare la sua Fuga di Enea da Troia (1596, Monaco di Baviera, Alte Pinakothek) – o ancora di Adam Elsheimer (1578-1610), di cui una versione dell’Incendio di Troia (dipinta a Roma, verso il 1600-1601) si trova anch’essa alla Alte Pinakothek di Monaco di Baviera4.
Queste tre scene di incendio che citiamo, inclusa quest’ultima, ci permettono di dire che Tassi ha declinato ogni volta una composizione diversa ripensandone completamente il contesto. Questo gusto per le città in fiamme e i loro molteplici focolai luminosi appartiene allo stesso filone di un altro artista che Tassi anticipa, ovvero quello delle vedute notturne di vulcani in eruzione di Jacques-Antoine Volaire (1729-1799), visioni drammatiche di un mondo apparentemente onirico.

Note:
1-  Patrizia Cavazzini, Agostino Tassi (1578-1644). Un paesaggista tra immaginario e realtà, cat. exp., Roma, Palazzo di Venezia, 19 giugno – 21 settembre 2008, p. 50, fig. 48, pp. 184- 185, cat. n. 9.
2-  Paolo Benassai, in Agostino Tassi (1578-1644). Un paesaggista tra immaginario e realtà, cat. exp., Roma, Palazzo di Venezia, 19 giugno – 21 settembre 2008, pp. 218-219, n° 27.
3- Marco Chiarini, Teodoro Filippo di Liano detto Filippo Napoletano (1589-1629). Vita e opere, Firenze, 2007, p. 255, n. 28.
4- Rüdiger Klessman, Adam Elsheimer (1578-1610), cat. exp., Edimburgo, National Gallery of Scotland; Londra, Dulwich Picture Gallery; Francoforte, Städelsches Kunstinstitut, 2006, p. 18, 72-73, n. 10.