Francesco Prata da Caravaggio (Caravaggio (BG), 1490 ca - ?, post 1527)
(Caravaggio (BG), 1490 ca - ?, post 1527)
Madonna col BambinoOlio su tela, 74,7 x 59,5 cm
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PROVENIENZA
Francia, collezione privata.
BIBLIOGRAFIA
- C. Naldi, Cinquecento sacro e profano. Una selezione di dipinti italiani del XVI secolo, Galleria Canesso, Lugano 2013, pp. 18-22.
DESCRIZIONE
Tenerezza e composta solennità convivono in questo esemplare dipinto, che coniuga la sacralità del soggetto, una Madonna col Bambino, all’intimità familiare che lega una madre al proprio figlio. Ritratte in un interno, le due figure campeggiano in primo piano quasi a grandezza naturale affacciate ad una finestra, sulla cui balaustra il Bambino è presentato, in maniera originale, in piedi e proteso verso la madre. Alle loro spalle un’altra finestra è aperta su uno sfondo paesaggistico vespertino.
L’opera è stata restituita da Francesco Frangi alla mano di Francesco Prata da Caravaggio, pittore lombardo attivo nei primi decenni del Cinquecento e nativo di Caravaggio. Nonostante le scarse notizie biografiche, il profilo dell’artista è andato gradualmente delineandosi a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso1; la critica ha messo in evidenza i molti punti di contatto della sua opera con il contesto artistico milanese e con quello bresciano. Nella formazione di Francesco Prata giocarono un ruolo fondamentale gli esempi di Bernardo Zenale (1460 ca - 1526) e Bartolomeo Suardi, detto il Bramantino (1465 ca -1530). Presto, però, il pittore arricchì il bagaglio di esperienze di ambito milanese con quelle bresciane, rivolgendo in particolare il suo sguardo allo stile eccentrico di Girolamo di Romano, detto il Romanino (1484 ca-1560 ca). Frangi rileva come proprio questo duplice sostrato artistico e culturale sia manifesto nella pala raffigurante la Madonna col Bambino e Santi della Galleria Sabauda di Torino, una delle prime opere del pittore caravaggino, datata da Marco Tanzi intorno al 15152. Anche i documenti di archivio, oltre alle molte opere presenti tutt’oggi sul territorio, confermano una costante presenza dell’artista nella città di Brescia, a partire dal 1513 fino al 1527, data oltre la quale si perdono le sue tracce3.
Nella tipizzazione fisiognomica dei personaggi, in particolare nel volto reclinato e lievemente asimmetrico della Madonna, Prata mutua moduli tipici del Romanino, ma trasforma, attraverso una simbiosi tra registro sacro e quotidianità, la vena tipicamente patetica dell’artista bresciano in una più distesa atmosfera luminosa e familiare. Le espressioni e i tratti somatici non sono mai, nello stile del Prata, troppo insistiti e la colloquialità dell’insieme è data piuttosto dallo scambio affettuoso dei gesti. La nota melanconica contenuta nello sguardo abbassato della Vergine, che presagisce già il futuro del figlio, è stemperata dal gesto amorevole del Bambino, il quale volge il capo e gli occhi dall’espressione consapevole al di fuori dello spazio pittorico, ma tende il braccio in una carezza verso la madre, che, a sua volta, lo trattiene delicatamente nel suo abbraccio protettivo. Gli accordi raffinati del blu, del giallo e del rosso dei panneggi rivelano l’interesse dell’artista per un colorismo ricco ma raffinato, delicato nella concezione e liquido nella resa. La pennellata si fa più larga nelle vesti e negli incarnati, per poi tornare in punta di pennello nei dettagli delle aureole, dei capelli e del decoro dell’abito, fino a farsi trasparente nel velo che sormonta il capo della Madonna e che conduce lo sguardo dell’osservatore alla piccola finestra aperta sullo sfondo, in alto a destra. In primo piano un albero troncato e secco allude alla Passione di Cristo. Spesso, infatti, nella pittura del Cinquecento l’albero spezzato alludeva alla morte, alla vita interrotta. Lo fa però in maniera discreta, in modo da non turbare la quiete dell’insieme. In questo caso, inoltre, la presenza di una chiesa nel villaggio in lontananza, posta proprio sulla verticale del tronco, parrebbe alludere al Nuovo Testamento che prende vita e cresce dai resti dell’Antico Testamento. Anche nella resa del paesaggio, Prata conferma la sua sensibilità per un colorismo acceso e raffinato: le lontananze azzurrine sfumano in un cielo livido, in bilanciato contrasto con il riverbero solare dei gialli. L’opera affascina proprio perché portatrice di un sapore arcaico e solenne, già mitigato dalle morbidezze e dallo sfumato atmosferico di sapore leonardesco.
Per le caratteristiche stilistiche e l’impostazione classica e contegnosa della composizione, Frangi data la nostra opera ad una fase relativamente avanzata nella carriera dell’artista, intorno al 1525 e ne sottolinea la prossimità con il Martirio di Sant’Agata (Brescia, Chiesa di Sant’Agata), databile intorno al 1522. Con esso, infatti, la Madonna col Bambino condivide, oltre alle suggestioni di Romanino, la schietta vena devozionale tipica dell’altro grande protagonista dell’arte bresciana: Alessandro Bonvicino, detto il Moretto (1498 ca -1554). Sempre Frangi crea altri paralleli, evidenziando le strette analogie stilistiche e compositive che intercorrono con la Salomé – già in Collezione Humphrey Ward come Romanino – e con la Cleopatra di collezione privata, recentemente ascritta al catalogo dell’artista.4 Non si riscontra, invece, nel nostro dipinto ancora alcuna traccia della monumentalità enfatizzata presente nelle opere di poco successive, che risentono dell’influsso degli esempi bresciani di Callisto Piazza (1500-1561).
Note
1 – cfr. M. Tanzi, Francesco Prata da Caravaggio: aggiunte e verifiche, “Bollettino d’Arte”, LIV-LV (1987), pp. 141-156; F. Moro, Un’Adorazione a Bedulita e l’area di Romanino, “Osservatorio delle Arti”, (1988), pp. 40-44; F. Frangi, Tra Milano e Venezia. Vicende della pittura rinascimentale a Bergamo, Brescia e Cremona, in J. Lorenzelli - A.Veca (a cura di), Museum, (catalogo della mostra, Bergamo, 1993), pp. 113-115; F. Moro, Prata, Francesco, in E. De Pascale – M. Olivari (a cura di), Dizionario degli artisti di Caravaggio e Treviglio, Bergamo 1994, pp. 198-203.
2 - M. Tanzi, Op. cit., 1987, pp. 141-142.
3- P. Castellini, Francesco Prata nella chiesa di Santa Maria di Bienno. Aggiunte al catalogo, in P. Castellini - M. Rossi (a cura di), La chiesa di Santa Maria Annunciata, (Atti della giornata di studi, Bienno, 28 ottobre 2000), 2005, pp. 52-53.
4- M. Capella, Inediti bresciani per Francesco Prata da Caravaggio, “Artes”, 10 (2002), pp. 54-55.