Master S.B. (documented between 1635 and 1655): still life Luigi Garzi (Rome, 1638-1721): male figure Roman painter active c. 1660: female figure
Idillio alla fontana (Natura morta con giovane uomo alla fontana e Natura morta con giovane donna alla fontana)Olio su tela, cm 118 x 160 (cad.)
- PROVENIENZA
- BIBLIOGRAFIA
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PROVENIENZA
Napoli, collezione Vittorio Carità; Napoli, collezione privata.
BIBLIOGRAFIA
- F. Bologna (a cura di), Natura in Posa, (catalogo della mostra, Bergamo, Galleria Lorenzelli, settembre - ottobre 1968) n. 45, come Giuseppe Recco e Francesco Gessi;
- R. Middione, Giuseppe Recco, in F. Zeri (a cura di), La natura morta in Italia, 2 vol., Milano 1989, II, p. 903, come Giuseppe Recco;
- V. Di Fratta (a cura di), Da Artemisia a Hackert. La collezione di un antiquario, (catalogo della mostra, Reggia di Caserta, 16 settembre 2019 - 16 gennaio 2020), Roma 2019, p. 202, n. 94.
DESCRIZIONE
Queste due importanti composizioni concepite come pendant e fino ad ora mai pubblicate ma solo citate nella letteratura, sono qui presentate per la prima volta con un nuovo studio stilistico e attributivo che non manca di una certa complessità. Non si tratta infatti di dover individuare un unico artista ma piuttosto di dover identificare sia la mano di colui che ha dipinto le nature morte, sia quella del pittore - o dei pittori - che hanno collaborato con lui realizzando le figure. Queste tele, da poco riscoperte, sono un vero e proprio capolavoro nel campo della natura morta.
Due giovani s’incontrano nei pressi di una fontana. Qui, sia il muro esterno del bacino decorato con bassorilievi classicheggianti che lo specchio d’acqua corrono da una tela all’altra con una lineare continuità. La giovane donna, sporgendosi sulla fontana, risponde con un gesto ammiccante all’uomo che le mostra una trotta appena pescata. Il pesce è l’emblema dell’acqua, della vita e della fecondità e non si può ignorare l’allusione licenziosa. A sua volta la ragazza indica una zucca dalla forma suggestiva, anch’essa simbolo di abbondanza e fecondità.
La composizione cambia di registro nella parte superiore del dipinto aprendosi su un paesaggio boscoso e su un cielo azzurro-grigio. Davanti ad essi un albero di vite dispiega i suoi tralici attraverso entrambi i dipinti e offre l’occasione al pittore di descrivere alcuni bellissimi grappoli di uva nera. L’idea di rappresentare frutta e verdura lungo il piccolo muro della fontana, sfruttando così il gioco di specchi e di riflessi, è un’idea rara se non unica. L’anguria, il melone e i fichi maturi, voluttuosi e impregnati di sole, sfoggiano la loro polpa e i loro semi. Leggere macchie nere punteggiano la frutta e la verdura e ci ricordano, come memento mori, del tempo che passa inesorabilmente.
Le due tele dialogano tra loro attraverso le figure e ci svelano una scena maliziosa, di facile lettura. Senza dubbio traggono la loro ispirazione dalla letteratura erotica che attraversa i secoli fin dai tempi dell’Antichità. L’Adone (1623), un poema in versi che racconta la storia di Venere e Adone scritto da Giambattista Marino (1569 - 1625), conobbe nel XVII secolo una grande fortuna. I versi licenziosi del poema appartengono al filone della poesia erotica e oscena che risale alla Carmina Priapea, una serie di poemi anonimi in latino. Essi hanno come soggetto il dio fallico Priapo e conobbero, a partire dal Rinascimento, un grande successo.
Questa mise en place, così calibrata e spontanea, suggerisce l’idea che ci troviamo in un giardino creato dall’artista per fare da cornice a questa scenetta molto esplicita e potrebbe riprendere uno dei consigli dati da Priapo nella Carmina Priapea: “quod meus hortus habet sumas inpune licebit / si dederis nobis quod tuos hortus habet” (tu puoi prendere impunemente ciò che si trova nel mio giardino se tu mi doni ciò che si trova nel tuo)1.
Il monogramma, posto sotto un pomodoro nella Natura morta con figura femminile e formato da due lettere intrecciate difficili da decifrare -– “GR” o “CR” -–, aveva indotto Ferdinando Bologna a proporre il nome di Giuseppe Recco (1634 - 1695) per la natura morta e quello del bolognese Francesco Gessi (1588 - 1649) per le figure (abbiamo però delle riserve sul suo carattere autografo).
Recentemente Alberto Cottino ha proposto di ricollocare queste opere in un contesto romano riconoscendo qui la mano del Maestro S.B., autore conosciuto anche sotto il nome di Pseudo Salini2. Le misure imponenti di queste composizioni sono tipiche dei sovrapporta romani.
Il corpus del monogrammista S.B. è stato recentemente ricostituito.
De Vito (1990), respingendo un’attribuzione a Luca Forte della bella natura morta già in collezione Lodi e accostandola invece alle due composizioni già Galleria Canelli, Milano3, giunge alla conclusione che non si tratti di un pittore napoletano ma bensì di un artista dell’Italia centrale.
Una di queste ultime due composizioni porta su un basamento in pietra la data 1655 e un monogramma in lettere maiuscole che abbiamo interpretato come “S.B.P.” 4. Cottino nel 20035 ha fatto una prima sintesi sul “monogrammista S.B.” aggiungendo al corpus del maestro alcune opere in precedenza attribuite a Tommaso Salini (ca. 1575 - 1625). Nel 2005 Bocchi ha consacrato uno studio molto completo a questo pittore ancora enigmatico. L’artista fu senza dubbio allievo di Salini ed è diventato un nuovo epigono della natura morta caravaggesca.
Il dettaglio della cesta di vimini è come una firma dell’artista e lo ritroviamo in numerose sue composizioni a cominciare dalla Natura morta con testa di cervo (collezione privata)6. Potremmo moltiplicare all’infinito la ripresa dei motivi similari nelle varie composizioni, per esempio nelle due tele dell’Accademia Carrara di Bergamo si ritrovano gli agrumi, il cavolo e la zucchina verde7.
Nelle nostre due tele il bel ramo di more che si stende lungo il muretto è, al contrario, un elemento nuovo nel repertorio del Maestro S.B.. Qui l’autore sfoggia il suo talento mostrando un elevato livello di qualità, raramente ottenuto nelle sue altre composizioni e senza dubbio motivato dall’importanza della commissione.
Per quanto riguarda le figure possiamo supporre l’intervento di uno o, in questo caso, di due pittori. Gli studiosi concordano nell’attribuirle ad artisti che hanno frequentato la scuola di Andrea Sacchi (1599 - 1661) avvicinando la figura maschile a Luigi Garzi (1638 - 1712) mentre la figura femminile rimane ancora da attribuire.
Luigi Garzi ebbe una prima formazione presso il pittore originario di Anversa, Vincent Adriensen detto il Manciola (1595 – 1675), proseguendo poi la sua formazione accanto ad un altro artista fiammingo, il paesaggista Salomon Backereel (1602 - 1660). Tra i quindici e i vent’anni andò infine a bottega da Andrea Sacchi.
Il Maestro S.B., senza dubbio artista di origini nordiche la cui attività è documentata grazie a sue opere datate dal 1635 al 1655, proseguì probabilmente la sua attività artistica anche oltre questa data. La collaborazione tra i due pittori potrebbe essere avvenuta nel decennio 1660 - 1670 quando il Garzi terminava il suo apprendistato presso il Sacchi. Le collaborazioni del Garzi con i pittori nordici di nature morte -– come Karel von Vogelaer (1653 - 1695) o Christian Berentz (1658 - 1722) – sono ben documentate e appartengono agli inizi degli anni 1680.
Nelle nostre tele l’artista romano mostra di aver assimilato il linguaggio classicista sviluppato dal suo maestro Sacchi. Ciò si nota in particolare nella bella fattura dell’uomo, nell’anatomia del torso nudo e nel suo profilo con i cappelli scompigliati dal vento. La tipologia del viso del giovane è cara al Garzi8. L’analisi riflettografica ci ha mostrato dei pentimenti soprattutto nel fondo.
Queste straordinarie composizioni apportano due nuovi e importanti contributi alla grande storia della natura morta romana del XVII secolo.
Note:
1- Carmina Priapea, V, ringraziamo il Professore Giacomo Jori per queste indicazioni.
2- Il nome di questo artista è stato indicato innanzitutto da Alberto Cottino, seguito da Ilaria Della Monica, Riccardo Lattuada (comunicazioni scritte) e Gianluca Bocchi (comunicazione orale).
3- G. De Vito, Un diverso avvio per il primo tempo della natura morta a Napoli, in AA.VV., Ricerche sul ‘600 napoletano, Milano 1990, p. 121.
4- Vedi C. Salvi, Maestro S.B. actif entre 1633 et 1655, in L’ Œil gourmand. Parcours dans la nature morte napolitaine du XVIIe siècle, (catalogo della mostra, Parigi, Galerie Canesso, 26 settembre - 27 ottobre 2007), pp. 76-77, fig. 1, 2, 3.
5- A. Cottino, La natura morta a Roma: il naturalismo caravaggesco, in M. Gregori (a cura di), La natura morta italiana tra Cinquecento e Settecento, (catalogo della mostra, Firenze, Palazzo Strozzi, 26 giugno - 12 ottobre 2003), pp. 124-126.
6- G. Bocchi - U. Bocchi, Pseudo Salini o Maestro SB, in Pittori di natura morta a Roma. Artisti italiani 1630 -1750, Viadana 2005, p. 190, PS. 25.
7- G. Bocchi - U. Bocchi, Ibid. supra, 2005, p. 169, PS.5, PS.6.
8- F. Grisolia – G. Serafinelli, Luigi Garzi 1638 - 1721. Pittore romano, Milano 2018, vedi in particolare: G. Serafinelli, Echi e predominanze fiamminghe nella formazione e produzione di Luigi Garzi, pp. 13-55 ; F. Gatta, Luigi Garzi: nuova luce sul periodo giovanile e sulla prima maturità (1653 - 1676), pp. 57-77.