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Camillo Boccaccino (Cremona 1504/1505 - 1546)

(Cremona, 1505 – 1546)

Madonna con il Bambino

Olio su tavola,  23,5 x 22 cm

  • PROVENIENZA
  • BIBLIOGRAFIA
  • MOSTRE
  • DESCRIZIONE

Fig. 1

Fig. 2

Fig. 3

Fig. 4

Fig. 5

PROVENIENZA


Ferrara, collezione Sacchetti; Ferrara, conte Giovanni Battista Costabili (catalogo manoscritto del 1835, c. 17v, n. 132); Ferrara, Giovanni Costabili (dal 1841 al 1871); Ferrara, Alfonso Costabili (dal 1871 al 1884); Milano, Angelo Genolini, 1884; Milano, Sambon, vendita Costabili, 27-29 aprile 1885, n. 80; dall’inizio del XX secolo, Biarritz, collezione privata.

BIBLIOGRAFIA


-Camillo Laderchi, Descrizione della quadreria Costabili. Continuazione e fine della parte seconda, Ferrara, 1839, p. 8;
-Emanuele Mattaliano, La collezione Costabili, a cura di Grazia Agostini, Venezia, 1998, p. 80, n. 174 (come Girolamo da Carpi).

DESCRIZIONE


Sul retro: timbro della collezione Costabili: «C.G.B.C.» e un’etichetta: «raccolta del conte Giambattista Costabili di Ferrara n. 132».

Come evidenziano i timbri a fuoco e il cartellino sul retro del dipinto, la tavoletta ha fatto parte della celebre collezione del conte Giambattista Costabili di Ferrara: negli inventari della raccolta, a partire da quello del 1835 (dove è segnato con il n. 132 riportato nel cartellino) fino alla vendita presso Sambon a Milano il 27-29 aprile 1885 (lotto 80) è attribuita a Girolamo da Carpi.1 Nel 1835 è descritta in questi termini «La Beata Vergine col Bambino in piedi. Piccola e bellissima tavola quasi quadrata di Girolamo da Carpi. Era in Casa Sacchetti»; mentre Camillo Laderchi nel 1839 la ricorda, con il medesimo riferimento e con il rimando al precedente proprietario, come una «Mezza figura piccolissima di una B. V. col figlio».2 Come vedremo, non si tratta di un’opera del Sellari, ma è un delizioso autografo del periodo finale di Camillo Boccaccino, il «più gran genio della scuola» cremonese – la definizione è di Luigi Lanzi, sullo scorcio del Settecento –, in piena fascinazione parmigianinesca.3 Non è la prima volta che dipinti del Cinquecento cremonese vengono spostati in maniera impropria nel catalogo di Girolamo da Carpi: tra quelli che mi è capitato di studiare e pubblicare, per esempio, posso ricordare una smagliante e minuscola Adorazione dei pastori già in collezione Costabili, ora in una raccolta torinese, sulla quale è emersa la firma di Antonio Campi; mentre conosco solo da una fotografia del fondo di Enos Malagutti (1913-1944) presso la collezione Koelliker a Milano un notevole Parnaso su tavola, sempre di Antonio Campi, che lo stesso Malagutti, pittore, restauratore e mercante mantovano di stanza a Milano, riferiva al carpigiano.4 Tra gli anni Quaranta e i Cinquanta del XVI secolo si assiste infatti, nel panorama figurativo di Cremona, a una singolare congiuntura filo-emiliana che non va esclusivamente nella direzione di Parma e del Parmigianino, ma è innervata da una più articolata complessità di stimoli e sfumature, tra le quali si possono cogliere decise consonanze e paralleli con le opere di Nicolò dell’Abate e Girolamo da Treviso, di Girolamo da Carpi e di Primaticcio.

La tavoletta in esame è un piccolo e affascinante masterpiece della produzione tarda di Camillo Boccaccino, che ruota intorno alla pala Oldoini già in San Domenico e ora nella Pinacoteca di Cremona (inv. 97), la Madonna con il Bambino tra e i santi Michele arcangelo e Vincenzo Ferreri (fig. 1), firmata e datata 1544 – e ai disegni che le si ricollegano (Studio per un volto femminile, 1544 circa, ubicazione ignota, fig. 2) –, e agli affreschi della cappella della Vergine in San Sigismondo, sia i due tondi riscoperti negli anni Sessanta del secolo scorso, sia nelle quattro storiette mariane nella volta, che il pittore riuscì a dipingere prima della morte (il completamento della decorazione spetta ad Andrea Mainardi detto il Chiaveghino).5

Bisogna innanzi tutto considerare il fatto che, a fronte della tenuta monumentale e parmigianinesca della pala domenicana, gli eleganti virtuosismi pittorici e cromatici tipici dell’artista risultano ora in gran parte compromessi a causa di vecchi interventi che hanno di molto consunto e ottuso la superficie della tela (già nel 1859, infatti, Francesco Robolotti la giudicava «guasta dai restauri degli imperiti»). I confronti si possono tentare, sia pure con qualche difficoltà dovuta all’appiattimento generale, anche sul versante della pelle della pittura, e sono comunque decisivi per assegnare al Boccaccino anche la tavoletta già Costabili. Se è consuetudine affermare che nei dipinti di dimensioni ridotte Camillo preferisce utilizzare una pittura molto più liquida e sfrangiata, a tocchi di pennello rapidi e preziosi, brevi e luminosi, occorre sottolineare che le stesse caratteristiche tecniche ed esecutive si possono rilevare nelle parti meglio conservate della pala Oldoini: nella tenda rossa con le bordure dorate, nella manica verde della Vergine, nel manto giallo del San Michele. In queste zone si riesce a cogliere la consueta maestria che impronta le stesure del pittore; così si possono istituire significativi confronti, tarando le differenze sulla diversa scala dimensionale, tra le fisionomie così peculiari delle due Madonne e le loro acconciature, oltre che con quella anguiforme del San Michele; non dimenticando particolari più minuti, come la fattura delle boccucce e della costruzione del volto, nel rapporto preciso tra bocca, naso e arcate sopraccigliari; tacendo dei giochi luministici sottili creati dai nodi e dalle pieghe dei tendaggi. Il piccolo brano di paese sulla destra, poi, ha i medesimi impasti cromatici intensamente atmosferici che impreziosiscono i migliori dipinti degli anni Trenta, dalla piccola Sacra Famiglia di Glasgow (Kelvingrove Art Gallery and Museum, inv. 125) alla Venere Speciano, ora in deposito a Brera, alla grande pala carmelitana del 1532, pure a Brera (Reg. Cron. 88).6 Ancora alla pala braidense già in San Bartolomeo a Cremona, per l’esattezza ai bambini della zona celeste che fanno corona alla Vergine, si può accostare, anche per la soffusa definizione chiaroscurale, il Gesù Bambino della nostra tavoletta.

Nella ricostruzione di questo segmento finale del pittore, Marco Tanzi ha inserito una piccola redazione su tavola, in collezione privata, della pala di Santa Marta (Madonna con il Bambino e i Santi Marta, Maria Maddalena, Antonio abate, Giacomo Maggiore e un angelo; 38 x 25,4 cm, fig. 3), una sorta di feticcio perduto – la pala per l’altare Busti nel Duomo di Cremona, intendo – che accompagna l’intera vicenda boccaccinesca, e un’altra deliziosa tavoletta, questa volta di soggetto profano, sempre in mano privata, raffigurante Venere con Eros e Anteros (25 x 20 cm, fig. 4).7 Oltre a legarsi singolarmente con la produzione grafica, sempre a livelli qualitativi eccelsi, di Camillo, queste operine così caratteristiche sono in stretto rapporto – tecnico-esecutivo, stilistico, dimensionale – con la «bellissima tavola» già Costabili: basti mettere in sequenza i volti della Venere e delle due Madonnine, la fisicità solida e grassoccia dei bambini, l’acribia preziosa e raffinatissima della pennellata, che illumina con rapida calligrafia ogni piega del panneggio.

Note;
[1] Si veda E. Mattaliano, La collezione Costabili, a cura di G. Agostini Venezia 1998, p. 80, n. 174.
[2] Ibidem; C. Laderchi, Descrizione della quadreria Costabili. Continuazione e fine della parte seconda, Ferrara 1839, p. 8. Credevo che l’antico possessore potesse essere il cardinale Giulio Sacchetti, legato a Ferrara dal 1626 al 1631, il quale raccolse gran parte della sua quadreria, che forma uno dei nuclei principali della Pinacoteca Capitolina, proprio durante il prestigioso incarico. È invece più verosimile, compulsando le fonti ferraresi, che si tratti del dottor Luigi Sacchetti o del signor Antonio Sacchetti, ricordati tra i collezionisti più eminenti del XVIII secolo in città.
[3] L. Lanzi, Storia pittorica della Italia, Bassano 1795-1796, ii, 1, p. 353.
[4] Ho pubblicato varie volte l’Adorazione dei pastori già Costabili, con il disegno preparatorio del Louvre (inv. 6800): M. Tanzi, Problèmes crémonais: peintures et dessins, in Disegno, Actes du Col­loque organisé par le Musée des Beaux-Arts de Rennes, Rennes 1991, p. 39, figg. 4-5; Idem, Dipinti poco noti del Cinquecento cremonese, in Studi e bibliografie 5, «Annali della Biblio­teca Statale e Libreria Civica di Cremona», xlv, 1994, pp. 159-161, figg. 2-3; Idem, I Campi, Milano 2004, pp. 15-16, tav. 9, fig. 3 (è ancora considerata di Girolamo da Carpi da Mattaliano, La collezione cit., pp. 79, 251, n. 168). Per quanto riguarda il Parnaso, è stato pubblicato da Tanzi con la corretta attribuzione diversi anni fa: M. Tanzi, Misto Cremona, 1, in «Kronos», 9, 2005, pp. 127-128, fig. 11; se ne conserva un’immagine nella fototeca di Federico Zeri presso l’Università di Bologna (scheda 36066) con il riferimento ad «Anonimo cremonese sec. XVI» e l’annotazione che nel 1974 si trovava sul mercato antiquario di Genova.
[5] Per la pala Oldoini (e, più in generale, per una ricostruzione aggiornata della fisionomia di Camillo Boccaccino) si veda M. Tanzi, Gli amori milanesi di Camillo Boccaccino, in Attorno agli amori. Camillo Boccaccino sacro e profano, Brera a occhi aperti, Sesto Dialogo, catalogo della mostra (Milano, Pinacoteca di Brera, 29 marzo – 1 luglio 2018), a cura di E. Daffra, M. Tanzi, Milano 2018, pp. 31-81 (in particolare alle pp. 59-60, fig. 27); gli affreschi nella volta della cappella della Vergine a San Sigismondo sono riprodotti da M. Gregori, Traccia per Camillo Boccaccino, in «Paragone», 37, 1953, p. 11, tavv. 12-13.
[6] M. Tanzi, Gli amori milanesi cit., figg. 12-14.
[7] Ibidem, figg. 32, 36.