Pier Francesco Mola (1612 - Roma 1666)
(Coldrerio, 1612 – Roma, 1666)
Saint AndrewOlio su tela, 157.2 x 119.5 cm c. 1650
- PROVENIENZA
- BIBLIOGRAFIA
- MOSTRE
- DESCRIZIONE
PROVENIENZA
Lugano, Galleria Scardeoni, 1986; Mendrisio, collezione privata.
BIBLIOGRAFIA
-J. Genty, Pier Francesco Mola nelle collezioni private svizzere (catalogo della mostra, Lugano, Galleria Scardeoni antiquario), Lugano 1986, pp. 18-19;
- A. G. De Marchi, in Mola e il suo tempo. Pittura di figura dalla collezione Koelliker, catalogo della mostra a cura di F. Petrucci (Ariccia, Palazzo Chigi, 22 gennaio - 23 aprile 2005), Milano 2005, p. 144, in scheda n. 21, fig. 1;
- F. Petrucci, L. Piu, Indice dell’opera pittorica del Mola, in Mola e il suo tempo. Pittura di figura a Roma dalla Collezione Koelliker, catalogo della mostra a cura di F. Petrucci (Ariccia, Palazzo Chigi, 22 gennaio - 23 aprile 2005), Milano 2005, p. 243, in n. 62;
- F. Petrucci, «Il Mercante di Venezia» e altri dipinti del Mola, in «Studi di Storia dell’Arte», 18, 2007, p. 295;
- L. Damiani Cabrini, ed., Omaggio a Pier Francesco Mola (1612-1666) nel quarto centenario della nascita, (depliant della mostra, Rancate, Pinacoteca Cantonale Giovanni Züst, 1 aprile 2012 - 13 gennaio 2013), Rancate 2012;
- F. Petrucci, Pier Francesco Mola (1612-1666). Materia e colore nella pittura del ’600, Roma 2012, pp. 157, 323, n. B62.
MOSTRE
Rancate, Pinacoteca Cantonale Giovanni Züst, 1 aprile 2012 - 13 gennaio 2013.
DESCRIZIONE
Questo imponente Sant’Andrea deve la sua grande forza espressiva al sapiente utilizzo della luce che enfatizza le mani e il volto del Santo mentre si volta verso destra, con le ciocche di riccioli grigi ancora sospese nell’aria. Il libro che tiene nella mano sinistra evoca la sua attività di evangelizzatore: dopo la morte di Cristo, Andrea raggiunse ed evangelizzò la Scizia - cioè le attuali Ucraina e Russia - prima di recarsi in Grecia. Il gesto della mano aperta sul petto indica l'accettazione della difficile missione affidatagli. Alle spalle del Santo, la croce a forma di X, strumento del suo martirio e suo tipico attributo, lo rende immediatamente riconoscibile.
Francesco Petrucci data questa monumentale figura al 1650 circa per precise ragioni stilistiche, notando che l'artista descrive le forme con “tocchi rapidi e trasparenti sulla preparazione bruna, mentre altre zone appaiono solo abbozzate e incompiute, come la mano destra con il pollice sul libro, appena abbozzata”. Petrucci sottolinea anche la somiglianza dei tratti del viso del Sant’Andrea con la figura pittoresca e possente del cosiddetto Guerriero orientale (Parigi, Musée du Louvre)1. Il bel mantello, blu lapislazzulo, che avvolge l'apostolo in solide convoluzioni si staglia in splendido contrasto con il marrone dorato della veste e il marrone più scuro della camicia. Le ciocche di capelli e la barba sono dipinte con pennellate ben visibili, fluide ed energiche. Forti contrasti chiaroscurali sono utilizzati per staccare la figura dallo sfondo scuro: la luce che colpisce enfaticamente il Santo dimostra come Mola sia stato un meraviglioso interprete del naturalismo caravaggesco, poco prima del 1650. L’evoluzione in questa direzione dello stile del pittore ticinese non può essere compresa, secondo Petrucci, senza l'esperienza della pittura napoletana di ispirazione riberesca innestata nella sua cultura emiliana.
Pier Francesco Mola nasce in Ticino (Svizzera italiana) nel 1612. Ad appena un anno, insieme al padre, architetto e pittore, e al resto della famiglia, si trasferisce a Roma. Dopo un breve apprendistato presso Prospero Orsi (1565/70-1635), anch’egli ticinese, Mola entra nella bottega del Cavalier d'Arpino (1568-1640) tra il 1625 e il 1628. A Roma, Mola ha anche modo di conoscere l’artista napoletano Salvator Rosa (1615-1673), anch'egli pittore-filosofo con un talento per gli effetti chiaroscurali. È probabile, come propone Francesco Petrucci, un periodo di formazione a Bologna presso la bottega di Francesco Albani (1578-1660) tra il 1638 e il 1640. Infatti, Mola risulta presente nella Città Eterna fino al 1637, dopodiché, per circa un decennio, viaggia in Italia spostandosi soprattutto verso il Nord e visitando anche la natia Coldrerio. Nel 1644 è documentato a Venezia al seguito del Guercino (1591-1666) nella cui bottega potrebbe trovarsi in quel periodo dato che l’eredità del maestro di Cento è evidente in diverse opere del nostro pittore. Nel 1648 torna definitivamente a Roma dove riscuote grande successo realizzando anche affreschi per le grandi famiglie romane (in particolare a Palazzo Costaguti). Tra il 1653 e il 1656 lavora sotto la guida di Pietro da Cortona (1596-1669) alla decorazione della chiesa di San Marco, per volere di Niccolò Sagredo, ambasciatore di Venezia a Roma. Intorno alla fine degli anni Cinquanta, Mola è nominato pittore ufficiale del principe Pamphilj e nel 1662 è eletto Principe dell'Accademia di San Luca.
Note
1- F. Petrucci, Pier Francesco Mola (1612-1666). Materia e colore nella pittura del ’600, Roma, 2012, pp. 157, 323, n. B62.