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Sebastiano Ricci (Belluno, 1659 - Venise, 1734)

Belluno, 1659 – Venezia, 1734

Rebecca e Eleazaro al pozzo

Olio su tela, 119,5 x 197 cm (con angoli arrotondati) 1725 circa  

  • PROVENIENZA
  • BIBLIOGRAFIA
  • MOSTRE
  • DESCRIZIONE

Fig. 1

Fig. 2

Fig. 3

PROVENIENZA


Feltre, Contessa Bellati; Londra, Sotheby’s, 11 dicembre 1991, lotto 41; Parigi, mercato dell'arte nel 1996; dal 1997, Brescia, collezione privata.
 

BIBLIOGRAFIA


Annalisa Scarpa, Sebastiano Ricci, Roma 2006, pp. 165-166, cat. 62, ill. LVII, pp. 133, 658, figg. 645-646.

DESCRIZIONE


Opere di confronto:
Disegni

- Sebastiano Ricci, Rebecca e Eleazaro al pozzo, disegno preparatorio per l’intera composizione, con varianti, in inchiostro bruno e acquarello su carta bianca, con iscrizione «Rebecca», 195 x 267 mm, Venezia, Gallerie dell’Accademia, inv. R 50 (fig. 1) ;
- Sebastiano Ricci, Studio di una mano, disegno a matita e gesso su carta bianca, 126 x 181 mm, Windsor, Royal Library, inv. RL 7106, si veda A. Blunt e E. Croft-Murray, Venetian Drawings of the XVII and XVIII Centuries in the Collection of Her Majesty the Queen at Windsor Castle, Londra 1957, n. 424 (fig. 2).

Poco dopo la sua riscoperta, il dipinto è entrato nella monografia (2006) dedicata da Annalisa Scarpa a Sebastiano Ricci, uno dei protagonisti della scena artistica veneziana del Settecento e, più in generale, dello sviluppo della pittura rococò nell'Europa del primo Illuminismo.

Conosciamo due disegni preparatori per la scena di Rebecca e Eleazaro al pozzo: uno per impostare la composizione complessiva dell’episodio tratto dall'Antico Testamento (Genesi, 24), il secondo è uno studio della mano destra di Eliezer (si vedano le opere di confronto).

Rispetto al foglio dell'Accademia di Venezia, il pittore apporta poche modifiche, in particolare aggiungendo un pastore in primo piano e una figura femminile sullo sfondo; l’insieme della composizione è infatti già decisa ed elegantemente disegnata a penna.
Al centro della composizione c'è Eleazaro, amministratore dei beni di Abramo, inviato in Mesopotamia col compito di trovare una sposa per Isacco, il figlio del suo padrone. Guidato da un angelo, Eleazaro incontra Rebecca che, con l’acqua del pozzo, disseta lui e i suoi cammelli realizzando così la profezia divina. Eleazaro, riconosciuta la fanciulla prescelta, le dona preziosi gioielli. Il giorno dopo, chiesto il consenso della famiglia, parte con Rebecca perché lei possa unirsi in matrimonio con Isacco.
Arrotondata agli angoli, senza dubbio per adattarsi ad una boiserie, la scena mette in risalto i due personaggi principali del racconto biblico. Le figure di Rebecca e Eleazaro sono slanciate, quasi allungate, elegantissime nei movimenti resi ancora più fluidi dai drappeggi morbidi con magnifici effetti scintillanti. Intorno a loro la scena freme di vitalità. L’episodio biblico è immerso in uno scenario realistico e vivo: nei pressi del pozzo dove i cammelli di Eleazaro si dissetano dopo il lungo viaggio, alcune donne sono giunte a prendere l’acqua e un gruppo di giovani pastori bada a un gregge di pecore.

Nello sfondo luminoso, a sinistra sono rapidamente tratteggiati imponenti edifici, mentre a destra alberi fitti come al limite di un bosco rafforzano l’idea di frescura della fonte. L’ampio respiro della scena e il paesaggio dolce e poetico tratteggiato contro un cielo terso, suggeriscono ad Annalisa Scarpa di riconoscere anche la mano del nipote di Sebastiano, Marco Ricci (1676-1730), che si formò con lo zio e fu spesso suo stretto collaboratore in questo campo.

I primi piani contrastanti evolvono verso l'orizzonte in toni vaporosi - rosa, blu e bianchi - che, nell’opinione della storica dell'arte, ricordano i quadri a quattro mani dipinti dalla famiglia Ricci per il console Smith e oggi conservati nelle collezioni reali britanniche.

Annalisa Scarpa propone di datare la tela con Rebecca e Eleazaro al pozzo intorno al 1725,  notando la stretta affinità stilistica con il dipinto di uguale soggetto, ma di diverso disegno, del Palazzo Reale di Torino, documentato nel 17271 (fig. 3). Ci sono evidenti echi nella figura di Eleazaro, che compie lo stesso gesto con la mano destra e per il quale esiste un disegno preparatorio nelle collezioni reali inglesi (in Opere di confronto) e nella donna in secondo piano, di spalle, con la brocca sulla testa. Nella nostra composizione, però, a differenza che in quella torinese la scena biblica è immersa in una più ampia struttura scenografica, caricata da un’atmosfera onirica e da una leggerezza al limite del reale.

La lunga carriera di Sebastiano Ricci fu quella di un artista nomade, chiamato dai suoi committenti di città in città, in Italia e in Europa. Numerosi viaggi in Italia gli permisero di completare la sua formazione mentre eseguiva le commissioni: prima a Bologna, presso il pittore Giovanni Gioseffo Dal Sole (1654-1719), poi a Parma per il duca Ranuccio Farnese. La tappa successiva fu Roma, dove conobbe l’arte dei grandi artisti Pietro da Cortona (1596-1669) e Baciccio (1639-1709). Quando tornò a Venezia all’inizio del XVIII secolo, era un artista con un ampio bagaglio culturale, che conosceva i più recenti sviluppi della scena italiana a Bologna, Parma, Roma e Milano. Si distinse nelle decorazioni ad affresco, in particolare a Firenze (nel 1706-1707) con l’Apoteosi di Ercole a Palazzo Marucelli e Diana e Atteone a Palazzo Pitti, caratterizzate da una limpidità tersa e una luce quasi abbagliante, da figure che volteggiano e fuoriescono dalla cornice, in pieno gusto rococò. Tra il 1712 e il 1716 Ricci fu a Londra con il nipote Marco, esportando la cultura veneziana che si stava gradualmente affermando come cultura europea. Nel 1716 fu ammesso all’Académie di Parigi, prima di tornare definitivamente a Venezia, dove continuò a lavorare per gli inglesi, in particolare per il console Smith (1674-1770), con una serie di dipinti ora a Hampton Court.

Note:
1. Annalisa Scarpa, Sebastiano Ricci, Roma 2006, pp. 312-313, fig. 635.