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Bartolomeo Schedoni (Modena, 1578 - Parma, 1615)

(Modena, 1578 - Parma, 1615)

Sacra famiglia con San Giovannino

Olio su tavola, 29,1 x 24,7 cm Firmato “Bartolomeo Schedoni” sul cartiglio in basso a destra

  • PROVENIENZA
  • BIBLIOGRAFIA
  • MOSTRE
  • DESCRIZIONE

Fig. 1

Fig. 2

PROVENIENZA


Probabilmente Parma, collezione Farnese, almeno dal 1734 al 1739. Acquisito da Franz Anton Boner (1868-1941) all’inizio del XX secolo; per via ereditaria agli attuali proprietari.

BIBLIOGRAFIA


Inedito

DESCRIZIONE


Questa Sacra Famiglia dimostra un’altissima qualità pittorica nella resa morbida dei panneggi e delle chiome: quella biondo dorata del Bambino, quella bruna con tocchi rossastri del San Giovannino e quella bianca e vaporosa di Giuseppe. Delicatissimi anche i passaggi di tono degli incarnati che dal pallore opalescente delle parti più esposte alla luce, raggiungono toni caldi e rosei nelle zone in penombra. Il turbante della Vergine, in particolare, è un saggio di padronanza del mestiere di pittore: la freschezza della pennellata è ancora perfettamente distinguibile a testimoniare la capacità di rendere ogni passaggio di luce sulla stoffa arrotolata.
La composizione è affollata e stretta, con lo spazio pittorico quasi completamente occupato dalle figure, a comunicare una profonda intimità che culmina nel gesto dolcissimo della piccola mano che accarezza il collo della madre, esattamente al centro della scena. Tocchi di luce contrastanti colpiscono il profilo di Giovannino e la fronte e il naso della Madonna, solo il Bambino è completamente immerso nel chiarore di un raggio luminoso. L’autografia del dipinto è confermata dalla firma “Bartolomeo Schedoni” su un cartiglio in trompe-l’oeil nell’angolo in basso a destra.

L’opera risale al secondo soggiorno parmense di Bartolomeo Schedoni alla corte del Principe Ranuccio Farnese. Dal 1607 il pittore è al servizio del Farnese, duca di Parma e Piacenza, con un contratto di esclusiva: Schedoni non può lavorare per nessun altro committente, se non su concessione dello stesso Principe. Di conseguenza, le opere di questo periodo nella maggioranza dei casi hanno fatto parte delle collezioni farnesiane.
Grazie agli studi di Alberto Crispo, sappiamo che un inventario redatto nel 1734 dell’ “appartamento dei quadri”, nel Palazzo Ducale di Parma ricorda la presenza di un dipinto di Schedoni che coincide per soggetto e, ancor più significativamente, per supporto (tavola o “assa”) e dimensioni con l’opera qui presentata: «del Schedoni sull’assa / Altro quadro come s.a alto on. 6 ½ largo on. 5 ¼ [e cioè 29,5 x 24 cm]. Il Bambino Gesù La Vergine, S. Gio. Batt.a, e S. Giuseppe»1. Lo storico dell’arte ha poi verificato che la stessa tavoletta compare cinque anni più tardi, nel luglio 1739, nell’elenco dei dipinti scelti dall’erede dei Farnese, Carlo di Borbone, per essere mandati a Napoli, la capitale del suo nuovo regno2 .L’ iconografia dolcissima di questa Sacra Famiglia aveva avuto molto successo presso il committente, Ranuccio Farnese: infatti gli inventari antichi testimoniano la presenza di un altro dipinto – oggi disperso – con lo stesso dettaglio della carezza sul collo della giovane madre ma di maggiori dimensioni (quasi certamente su tela).

La tavoletta, probabilmente da identificare con quella elencata a metà Settecento tra le opere dei Farnese spedite a Napoli, appartenne al principio del XX secolo al banchiere Franz Anton Boner (1868-1941), che fu presidente del Bremer Kunstverein, l’associazione culturale da cui dipende la Kunsthalle Bremen, dal 1918 al 1922. Appassionato collezionista, ebbe la consulenza di importanti storici dell’arte, tra i quali Max Friedländer, Gustav Pauli, direttore delle Kunsthalle di Brema e di Amburgo, e August L. Mayer, curatore della pinacoteca di Monaco di Baviera.
                                                           
La tavola qui presentata, oltre che per la qualità, è particolarmente rilevante per la presenza della firma risultata, nel corso del recente restauro, originale e priva di ridipinture.
L’unico altro caso noto riguarda un dipinto riapparso nel 2017 a Parigi3, anch’esso originariamente parte delle collezioni Farnese4, che presenta in basso al centro un cartiglio con la scritta «1613 / Bartolomeo Schedoni F» (fig. 1). Già a fine Settecento il dipinto era in pessimo stato di conservazione e, infatti, l’iscrizione risulta oggi rinforzata5. Anche nel bellissimo San Giovanni Battista (collezione privata) compare un cartiglio che probabilmente ospitava originariamente la firma del pittore ma che oggi non ne reca traccia (fig. 2).

La composizione della nostra Sacra Famiglia ebbe molto successo già in antico6. Tra le tante versioni, molte delle quali sono copie di qualità mediocre o addirittura pessima, due sono quelle la cui autografia non è stata messa in discussione dalla critica: quella, di maggiori dimensioni rispetto alla nostra, oggi conservata all’Ermitage di San Pietroburgo (olio su tavola riportato su tela, cm 67,7x50, inv. ГЭ-4058) e un’altra su tavola (cm 46x37) della Fondazione Galleria Rizzi di Sestri Levante. Una versione su tela, già in collezione Campori, e oggi ai Musei Civici di Modena, è stata declassata ad opera di bottega negli studi più recenti. Vale la pena di citare anche la tela dell’Alte Pinakothek di Monaco di Baviera che Crispo ritiene, tra quelle appena citate, quella di qualità inferiore.  

Bartolomeo Schedoni nasce a Modena dove è battezzato il 13 gennaio 1578. Sulla sua formazione mancano documenti: sappiamo che nel 1594 si trova a Parma, insieme al padre, alla corte dei Farnese. Nello stesso anno, per interessamento del duca Ranuccio I, è mandato a Roma ad apprendere l’arte pittorica all’Accademia di San Luca, diretta in quel momento da Federico Zuccari. Nel marzo del 1597 è di nuovo al servizio del duca di Parma come pittore. Negli anni successivi lavora tra Reggio, Parma e Modena per gli Este e i Farnese, le cui corti sono strettamente legate anche dalla condivisione di artisti. In questa fase lavora anche alla copia e al restauro delle pale d’altare e degli affreschi del Correggio nelle chiese di Modena, Reggio e Parma, assorbendo profondamente la lezione di naturalismo dell’Allegri.
Schedoni incorre in alcuni problemi con la giustizia che portano prima al suo arresto7 e nel 1606 alla fuga da Modena dove era impegnato nella sala principale del palazzo comunale. Il 1 dicembre 1607, come anticipato, entra alle dipendenze di Ranuccio I Farnese. Il contratto siglato con il duca di Parma gli garantisce un consistente stipendio, gli permette di avvalersi della collaborazione dei fratelli (decoratori e doratori) e lo obbliga a non accettare ulteriori incarichi da altri committenti, senza l’approvazione della corte. In questi anni Schedoni è influenzato anche dai Carracci, da Guido Reni, dal Caravaggio e dallo scultore Francesco Mochi attivo anch’egli per i Farnese. Ranuccio stesso individua una sposa per il pittore, la figlia del fattore ducale Paolo, e in occasione delle nozze nel 1613 dona alla coppia l’usufrutto di alcuni appezzamenti fondiari nel territorio parmense. Nel 1614 Schedoni consegna due fra le sue opere più celebri: la Deposizione di Cristo nel sepolcro e Le Marie al sepolcro (entrambe a Parma, Galleria nazionale), grandi tele orizzontali destinate al convento cappuccino di Fontevivo (fra Parma e Fidenza), finanziato da Ranuccio Farnese. L’ampio progetto decorativo per gli ambienti di questo complesso cenobitico rimase incompiuto per la morte di Schedoni nel dicembre del 1615.

Note:
[1] Inventario dell’appartamento chiamato l’appartamento de quadri nel Pallazzo Ducale di Parma, 1734, Napoli, Archivio di Stato, Archivio Farnesiano, b. 1853, III, vol. XI, inv. 6. Pubblicato in G. Bertini, La Galleria del Duca di Parma. Storia di una Collezione, Parma 1987, p. 297.
[2] «Quadro piccolo in cornice come sopra, alto once 6 1/2, largo once 5 ½ - / Schedoni: il Bambino Gesù, la Vergine, S. Giovanni Battista e S. Giuseppe» in Inventario de’ quadro levati in corte S.A. Reale dall’Appartamento chiamato l’Appartamento de’ Quadri, parte de’ quali si sono rotollati e parte con sue cornici dorate incassati, con altro piccolo inventario de’ dodici Imperadori levati dall’Appartamento in cui abitava S.A. Reale in Parma. In Marzo 1734; Nota de Quadri da mandarsi in Napoli in Napoli, e spediti per barca nel mese di Luglio 1739 per ordine del Signor Duca Ministro, ms. 1734-1739, Napoli, Archivio di Stato, Archivio Farnesiano, busta 1853 (III), vol. XI, Inv. 8, cc. 1-20 pubblicato in F. Strazzullo, Le manifatture d’arte di Carlo di Borbone, Napoli 1979, p. 74, n. 151.
[3] Il dipinto è comparso da Artcurial a Parigi il 23 marzo 2017, lotto 122. Olio su tavola trasferito su tela, cm 54x45, l’iscrizione risulta rinforzata e il numero d’inventario «54» in basso a destra ripassato (il 4 finale è trasformato così in un 6).
[4] «Quadro senza cornice alto br.a uno, largo onc.e dieci. Una Madonna in atto di parlare con S. Giuseppe. Il Bambino in grembo con croce in mano, e di dietro S. Gio. Batt.a con iscrizione in fondo ‘1613 Bartolomeo Schedoni’, Del Schedoni n. 54» nell’inventario del 1708, pubblicato in G. Bertini, La Galleria del Duca di Parma. Storia di una Collezione, Parma 1987, p. 186, n. 294. Il dipinto compare già tra i quadri dell’appartamento della principessa Maria Maddalena nel 1693: «Mad.a con bamb.o S. Gio. Batt.a, e S. Giuseppe in corn.e dor.a gran.a del Schedone n° 54» (ivi, p. 278).
[5] Nel 1783 Tommaso Puccini, direttore delle Gallerie fiorentine per il Granduca di Toscana, scrive infatti che il dipinto «è così rovinato, così impasticciato che bisogna assai esaminarlo per gustarlo», pubblicato in M.C. Mazzi, Tommaso Puccini: un provinciale “cosmopolita”, in “Bollettino d’arte”, s. VI, LXXI, 1986, 37-38, p. 23.
[6] Per il confronto e l’elenco delle versioni note si veda: F. Dallasta, C. Cecchinelli, Bartolomeo Schedoni pittore emiliano, Parma-Colorno 1999, pp. 161-164, n. 62; E. Negro, N Roio, Bartolomeo Schedoni pittore e scultore, Modena 2002, p. 83, n. 27.
[7] Si conosce un primo arresto nel 1600 quando Schedoni è catturato per aver teso un agguato a un uomo che aveva infastidito una sua amica, la prostituta Giulia de Rossi (F. Dallasta, Il pennello e il pugnale. Il pittore Bartolomeo Schedoni arrestato a Parma nel marzo del 1600, in «Aurea Parma», XCIX (2015), 1, pp. 73-106). Di nuovo nel 1606 il pittore è arrestato perché coinvolto in episodi di violenza di cui però non conosciamo i dettagli.