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Maestro dell'ambulante Canesso

(Attivo in Italia settentrionale alla fine del XVII secolo)

Venditore ambulante di libri da risma (“canzonette” drammatiche e popolari)

Olio su tela. 171,5 x 103,5 cm. 1670-1690 circa

  • PROVENIENZA
  • BIBLIOGRAFIA
  • MOSTRE
  • DESCRIZIONE

Fig. 1

PROVENIENZA


Patrick Home (1728-1808), Paxton House, Berwick-on-Tweed; Miss Jean Milne Home, Paxton House, Berwick-on-Tweed; Home Robertson, Wedderburn Castle and Paxton House; vendita Christie’s, Londra, 25 novembre 1960, n. 136 (come Giacomo Ceruti); Parigi, Galerie Knoedler nel 1969; Paris, collezione Maurice Rheims (1910-2003); dal 2005, Svizzera, collezione privata.

BIBLIOGRAFIA


- Christopher Hussey, Paxton House, Berwickshire. A seat of Miss Milne Home, “Country Life”, marzo 1925, p. 451, fig. 15 (come Manozzi, scuola romana 1630 circa [ovvero Giovanni Mannozzi, detto Giovanni da San Giovanni (1592-1636)] ;
- Magnolia Scudieri Maggi, Capolavori & Restauri, catalogo della mostra, Firenze, Palazzo Vecchio, 14 dicembre 1986 – 26 aprile 1987, pp. 299-300, in n. 9;
- Carlo Dumontet, Dennis E. Rhodes, A bibliographical painting, “The Book Collector”, vol. 61, n. 2, estate 2012, pp. 219-225;
- Roberta d’Adda, Francesco Frangi, Alessandro Morandotti, in Giacomo Ceruti nell’Europa del Settecento. Miseria & Nobiltà, a cura di Roberta d’Adda, Francesco Frangi, Alessandro Morandotti, catalogo della mostra, Brescia, Museo di Santa Giulia, 11 febbraio – 28 maggio 2023, p. 138, pp. 160-161, cat. III.12;
- Riccardo Lattuada, Vite di giovani picari, perdute o redente. Note su un curioso pendant di Pedro Nuñez de Villavicencio e Luca Giordano al Prado, e un’aggiunta al catalogo di Nuñez: il Venditore di libri da risma Canesso, in “Rendiconti dell’Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti di Napoli”, vol. LXXXI-LXXXII, 2020-2021 (prossimo alla stampa).

MOSTRE


- Maîtres Anciens, M. Knoedler et Cie, Parigi, 1969, n. 4 (come Giacomo Ceruti);
- Giacomo Ceruti nell’Europa del Settecento. Miseria & Nobiltà, a cura di Roberta d’Adda, Francesco Frangi, Alessandro Morandotti, Brescia, Museo di Santa Giulia, 11 febbraio – 28 maggio 2023.

DESCRIZIONE


Opere di confronto:
Dipinto
: Una copia di questa compostizione è stata esposta nel 1967 alla Biennale dell’antiquariato di Firenze (in Mercanti, collezionisti e musei. Le ventiquattro Biennali di Firenze, Torin, Umberto Allemandi, 2007, p. 42, n. 26; come “Ritratto di venditore di almanacchi” di Giacomo Ceruti, c. 1710).

La recentissima mostra bresciana Giacomo Ceruti nell’Europa del Settecento (2023), che presentava il nostro commesso viaggiatore, ha fornito l’occasione per riconsiderare questa magistrale composizione nel contesto della pittura di genere in Lombardia tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento. In questa occasione, data la difficoltà di identificare il pittore, i curatori del catalogo e della mostra hanno suggerito di chiamarlo “Maestro dell’ambulante Canesso”, legando il misterioso pittore alla galleria che ha sottoposto questo dipinto agli storici dell’arte nel tentativo di svelare la sua paternità.
In piedi davanti a un paesaggio nebbioso in un potente ritratto a figura intera, il modello è incorniciato a sinistra dal muro di pietra, la cui traiettoria è seguita dal bastone a cui si appoggia. Il suo sguardo è rivolto direttamente allo spettatore e il suo volto serio ci dice che è in posa, ritratto per l’eternità in una pagina di grande dignità e vera poesia. Le sue scarpe consunte e troppo grandi ben si accordano ai suoi abiti logori e rattoppati, il pittoresco cappello a tesa larga che lo protegge dal sole e dalle intemperie, mentre lavora come venditore ambulante, percorrendo le strade di città e villaggi per vendere edizioni popolari. Evoca le raccolte di stampe dedicate alla rappresentazione dei mestieri di poveri e dei venditori ambulanti, in questo caso di libri da risma, brevi pubblicazioni a stampa non rilegate, con poche pagine ripiegate su se stesse. Il pittore è meticoloso tanto nella resa della carta – la cesta di vimini con il pezzo di cuoio che la ricopre per proteggerla dalla pioggia è di per sé una natura morta – quanto nella descrizione quasi aneddotica dei piccoli fiori e delle erbe in primo piano. Il foglio scritto a mano incollato sul muro non sembra portare la firma dell’artista; solo la prima parola, “Chi a[----]”, è decifrabile. Questi manifesti evocano la vita quotidiana della città e sono spesso annunci di privati, ad esempio per l'affitto di una stanza, un altro dettaglio realistico della società del suo tempo.

Grazie al recente studio di Carlo Dumontet e Dennis E. Rhodes, sappiamo qualcosa di più su questi piccoli libri di pochi fogli che il nostro venditore ambulante tiene in mano. Il più grande dei due è un’edizione del dramma di Piramo e Tisbe, tratto dalle Metamorfosi di Ovidio (IV) e reso celebre anche dalla ripresa Shakespeariana, in Sogno di una notte di mezza estate1. Riusciamo in effetti a leggerne il titolo “Pirramo e Tisbe. Historia compassionevole, amorosa, antichissima & essemplare” sopra una xilografia, di cui è visibile solo la parte superiore dello sfondo di paesaggio, e sotto la quale sporge un “no”, sicuramente la sillaba finale di “Bassano”, dove il libretto è stampato.
L’altro titolo leggibile è “Gallo di Mona Fiore”: si tratta di una canzone popolare satirica, eseguita e riscritta moltissime volte a partire dal Medioevo al punto di entrare nel repertorio classico (è ad esempio incluso in un libro di esercizi per chitarra spagnola pubblicato, probabilmente a Roma, nel 1665)2.

Quando il dipinto passa sul mercato a Londra nel 1960 uscendo dalla collezione Home di Paxton House – dove era conservato dal XVIII secolo – è attribuito a Giacomo Ceruti (1698-1767), il principale esponente lombardo della pittura pauperista, e l’attribuzione è poi accolta dalla galleria Knoedler di Parigi. Gli autori del catalogo della mostra bresciana (2023) hanno invece scartato l’ipotesi che il dipinto sia di mano di Ceruti suggerendo invece che possa essere dello stesso autore, forse italiano, di un dipinto raffigurante una Vecchia che acquista una spilla da un mercante ambulante conservato nelle collezioni medicee (Firenze, Uffizi, Depositi Gallerie, inv. 1810, n. 2782; fig. 1). Da una composizione all’altra, troviamo un’identica disposizione con il muro in bugnato su cui è incollato un foglietto scritto a mano, qui parzialmente strappato3.
Alla fine dell’articolo di “Country Life” (1925) su Paxton House, la villa costruita poco dopo il 1766 da Patrick Home (1728-1808), l’autore, Christopher Hussey, fa riferimento alla collezione di dipinti e riproduce il nostro venditore ambulante, che indica come opera di un “anonimo romano, circa 1630”: la tela era già in cerca di autore all’inizio del XX secolo e lo è ancora oggi4.

Potrebbe trattarsi di un pittore straniero piuttosto che nativo dell’Italia, nonostante l’uso della lingua italiana sui depliant e sul manifesto, un artista probabilmente giunto nel nord Italia tra Lombardia e Veneto, tanto da anticipare i soggetti veristi di Giacomo Ceruti. Riccardo Lattuada, dal canto suo, ha esplorato una pista spagnola, suggerendo che possa trattarsi dello spagnolo Pedro Núñez de Villavicencio (ca.1635-1695).

Questa composizione è di grande interesse storico e documentario per la presenza del foglietto manoscritto e delle edizioni a stampa dei libri da risma, fedelmente riprodotte dall’artista; si tratta di importanti testimonianze visive della parola scritta nello spazio pubblico dell’epoca. Attraverso questi dettagli del contesto, l’artista riesce a trasportarci alla fine del XVII secolo e coinvolgerci, facendoci provare un senso di vicinanza, persino di empatia, con questo personaggio che esercita il suo mestiere di venditore ambulante. Non perdiamo la speranza di conoscere un giorno il nome dell’autore della tela.

Note:
[1] Carlo Dumontet e Dennis E. Rhodes hanno trovato una copia di questa edizione al Victoria & Albert Museum (ed. Giovanni Molino [Treviso, 1696-1700], stampata a Bassano e Treviso), che ci dà una buona idea di come potessero essere questi piccoli opuscoli di poche pagine. Questi testi, nell’ambito del dramma popolare, erano poetici – erano scritti in versi a rima baciata – e non c’è motivo di non pensare che potessero essere messi in musica. Tuttavia, come ci ha fatto notare Carlo Dumontet, il nostro ambulante aveva in mano un’altra edizione rispetto a quella del Molino, in primo luogo perché la xilografia è diversa, e in secondo luogo perché il nome della città in cui è stata pubblicata termina in NO, quindi non può che essere un’edizione stampata a Bassano. Sempre secondo lui, il tipografo non può che essere uno dei Remondini di Bassano, il che sembra limitare l’area di attività del nostro artista tra Bassano e Milano e potrebbe confermare la sua presenza sul suolo italiano verso la fine del Seicento. È vero però che queste edizioni erano in circolazione e che esistevano già edizioni più antiche con questo titolo, in particolare un testo pubblicato a Verona da Francesco dalle Donne nel 1597. Non si può quindi stabilire con assoluta certezza che il dipinto sia stato realizzato sul territorio italiano.
[2] Il “gallo di mona Fiore” è l’uomo che si innamora di tutte le donne che incontra.
[3] La scheda del dipinto fiorentino cita il documento di acquisto, datato 4 agosto 1689, che menziona il venditore, un certo “Niccolò Magliani pittore”, che era anche un pittore e al quale non possiamo, allo stato attuale delle conoscenze, attribuire con certezza alcun dipinto. Cfr. Magnolia Scudieri Maggi, in Capolavori & Restauri, catalogo della mostra, Firenze, Palazzo Vecchio, 14 dicembre 1986 - 26 aprile 1987, pp. 299-300, n. 9.
[4] Nella collezione Home, quest’opera era stata attribuita in passato, in modo incerto, a Giovanni Mannozzi, detto Giovanni da San Giovanni (1592-1636), pittore fiorentino attivo a Roma tra il 1621 e il 1628. L’autografia era già messa in discussione all’epoca dell’articolo di Hussey, che preferisce intitolare il dipinto “Scuola romana, 1630 circa” e aggiungere il commento “Il quadro più interessante della casa”. L'autore aggiunge che il dipinto “potrebbe essere attribuito alla scuola di Murillo”.
[5] Riccardo Lattuada, Vite di giovani picari, perdute o redente. Note su un curioso pendant di Pedro Nuñez de Villavicencio e Luca Giordano al Prado, e un’aggiunta al catalogo di Nuñez: il Venditore di libri da risma Canesso, in “Rendiconti dell’Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti di Napoli”, vol. LXXXI-LXXXII, 2020-2021 (in corso di stampa).