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Giacomo Ceruti, detto il Pitocchetto

(Milano, 1698-1767)

Ritratto di frate cappuccino

Olio su tela. 93 x 78 cm

  • PROVENIENZA
  • BIBLIOGRAFIA
  • MOSTRE
  • DESCRIZIONE

PROVENIENZA


Zurigo, collezione Ferdinand Loetscher (1906-1964) e Elisabeth Loetscher-Schuler (1905-1976); per via ereditaria, Hugo Loetscher (1929-2009); acquistato da quest’ultimo nel 1983 con la mediazione di Giovanni Testori (1923-1993) da Geo Poletti (1926-2012), Lugano (Svizzera); dal 2010, Londra, collezione privata; dal 2015, Svizzera, collezione privata.
 

BIBLIOGRAFIA


- Giovanni Testori in Manzoni. Il suo e il nostro tempo, Milano, Palazzo Reale, ottobre 1985 – febbraio 1986, n. 6;
- Marco Bona Castellotti, La pittura lombarda del ‘700, Milano, 1986, fig. 189;
- Stefano Bruzzese e Francesco Frangi in Testori a Lecco. Tra Alessandro Manzoni ed Ennio Morlotti, catalogo della mostra Lecco, Villa Manzoni, Musei Civici, 16 ottobre 2010 – 30 gennaio 2011, pp. 69, 70-71;
-Véronique Damian, A Selection of Paintings from Galerie Canesso, Paris, catalogo della mostra, New York, Didier Aaron Gallery, 20 gennaio – 4 febbaio 2011, pp. 20-21;
- Francesco Frangi in Giacomo Ceruti nell’Europa del Settecento. Miseria e Nobiltà, a cura di  Roberta d’Adda, Francesco Frangi e Alessandro Morandotti, Brescia, Museo di Santa Giulia, 14 febbraio – 28 maggio 2023, pp. 112-113, 117, n. II.4.
 

MOSTRE


- Manzoni. Il suo e il nostro tempo, Milano, Palazzo Reale, ottobre 1985 – febbraio 1986, n. 6;
- Testori a Lecco. Tra Alessandro Manzoni ed Ennio Morlotti, Lecco, Villa Manzoni, Musei Civici, 16 ottobre 2010 – 30 gennaio 2011;
- A Selection of Paintings from Galerie Canesso, Paris, New York, Didier Aaron Gallery, 20 gennaio – 4 febbraio 2011;
- Giacomo Ceruti nell’Europa del Settecento. Miseria e Nobiltà, a cura di  Roberta d’Adda, Francesco Frangi e Alessandro Morandotti, Brescia, Museo di Santa Giulia, 14 febbraio – 28 maggio 2023.
 

DESCRIZIONE


All’interno del registro tematico poliedrico di questo severo e grande pittore lombardo, quello della ritrattistica occupa un posto a sé stante ed esprime la sensibilità del genio di Ceruti, essenzialmente rivolto all’umano.
Il Ritratto di frate cappuccino è una delle ultime tele entrate nel corpus dell’artista. Giovanni Testori lo presentò al grande pubblico nel a Milano 1985, in occasione di una mostra dedicata ad Alessandro Manzoni. Testori propose di datare l’opera intorno al 1740, cronologia recentemente anticipata di qualche anno da Francesco Frangi che colloca l’opera nell’ultima fase del lungo e prolifico soggiorno bresciano del Pitocchetto (1721-1734).
In effetti, se Ceruti è nato a Milano, Brescia è la sua patria d’adozione: è lì che avrà la fase più intensa della sua carriera impegnandosi tanto nella ritrattistica quanto nella pittura di genere, come testimonia la realizzaszione del celebre ciclo di quindici tele con scene di vita popolare, detto il "ciclo di Padernello", commissionato con tutta probabilità dalla famiglia bresciana degli Avogadro. In questo splendido ciclo, sotto l’apparenza di temi tipici della pittura pauperistica si celano veri e propri ritratti, uno più sorprendente dell’altro.

Questo ritratto a mezzobusto, dotato di un’energia e di un realismo fuori dal comune, rappresenta un frate cappuccino di cui non conosciamo l’identità, inserito in un ovale dal fondo grigio-bruno. Il religioso indossa una tunica di stoffa bruna legato in vita con una corda e un mantello con il cappuccio appuntito, l’abito dell’ordine dei frati minori cappuccini, votati all’austerità e alla povertà. L’espressione del viso è grande intensità: dipinto di tre quarti, con la barba lunga e la tonsura, tipiche dei cappuccini, rivela uno sguardo rivolto direttamente allo spettatore che esprime l’umiltà e l’accettazione della sua vocazione.
In primo piano, il crocifisso che il frate tiene saldamente in mano, sembra fungere da bastone di comando. La tensione che si crea tra l’evidente tema religioso e la forza dell’espressione sul visto del frate è sostenuta da un vocabolario pittorico vigoroso e preciso. Il ritratto, senza dubbio eseguito dal vero, è straordinariamente realistico.
Le ombre sono realizzate con tratti larghi e netti e segnano verticalmente la massa bruna della veste conferendo alla stoffa un’andamento quasi ritmico oltre a sottolineare il disegno dell’orecchio e delle labbra del frate. Gli occhi color nocciola esprimono uno sguardo fortementente malinconico. L’intero ritratto è realizzato quasi esclusivamente con un sapiente gioco di toni bruni e neri. La barba aveva, in un primo momento, indotto Testori a mettere il dipinto in rapporto con il Fra' Cristoforo manzoniano, egli stesso un frate cappuccino. Questa maniera di presentare un personaggio religioso "in azione" potrebbe evocare la missione evangelizzatrice e la rapida espansione dell’ordine sostenuto dal celebre arcivescovo di Milano, Carlo Borromeo, suggerendo l’importanza dei frati minori nell’attuazione della Controriforma, anche se qui siamo a un’altezza cronologica decisamente più avanzata.
Dopo Brescia, mentre è diretto a Venezia, Ceruti lavora a Gandino, vicino Bergamo. Poi, raggiunta la Serenissima, continua a dedicarsi alla pittura della realtà raggiungendo uno dei vertici del genere con il capolavoro dipinto nel 1736 per il maresciallo Schulenburg : I tre mendicanti, oggi conservati nel museo Thyssen-Bornemisza di Madrid, dove la povertà assurge a uno stato spirituale. Giacomo Ceruti è uno dei più importanti e talentuosi interpreti della pittura naturalista concenrtandosi tanto sui modelli quanto su quella portata filosofica che troverà la sua massima espressione nella Milano illuminista di Alessandro Magnasco (1667-1749) e, nel secolo succesivo, nei grandi affreschi narrativi e dalle tematiche sociali come ad esempio quelli di Gustave Courbet (1819-1877).